Intervista al famoso Designer

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Alla vigilia del Salone del Mobile – messa profana del design made in Italy, oltre che luce di speranza per il lavoro altamente qualificato – abbiamo intervistato il famoso designer italiano Carlo Ratti conosciuto anche all’estero e punta di diamante del team di Giorgetto Giugiaro. L’obiettivo è quello di far luce su un concetto, quello design, troppo spesso conosciuto solo superficialmente.

Tra le applicazioni del design si può dire che quello inerente i mezzi di trasporto è del tutto distinto dalle altre categorie? Quale può essere la maggiore difficoltà nel coniugare l’artigianalità del made in Italy e i sistemi tecnologici avanzati?

“Oggi il designer ha il compito, a mio giudizio, di realizzare dei progetti non solo con un carattere piacevole esteticamente, ma nei quali siano raggruppati i vari aspetti legati al progetto stesso. Quindi ogni idea che nasce dalla matita del designer è frutto di una approfondita analisi di tutti gli aspetti: partendo dalla sua storia, se ne ha una, dal contesto in cui dovrà essere inserito, dalla sua funzione, da chi è rivolto, dai target progettuali e di costo, ed ancora dalla conoscenza di cosa offre il mercato attualmente. Se il soggetto da progettare è il mezzo di trasporto vuol dire che ci si trova di fronte a tutti questi fattori insieme, e per di più concentrati, tenendo in conto, non ultimi, la sicurezza, l’affidabilità, la robustezza, il comfort, la funzionalità… Per ottenere tutto questo insieme di componenti ci si avvale delle tecnologie all’avanguardia che si interfacciano col mondo dell’elettronica. Non ritengo una difficoltà coniugare il made in Italy con i sistemi tecnologici avanzati, anzi è un’opportunità per tutti, perché proprio dal design italiano nascono le innovazioni, si creano le tendenze seguite in tutto il mondo, che poi, sviluppate da altri enti, diventano industriali, ma senza il loro supporto sarebbe stato impossibile arrivare dove siamo oggi.”

Quali sono gli ultimi progetti a cui si è dedicato? E quello che le ha dato maggiore soddisfazione?

“Uno degli ultimi prodotti a cui ho partecipato, per quanto mi riguarda, cioè lo sviluppo degli interni, è stato un fuoristrada frutto della collaborazione tra Chevrolet americana e la russa Autovaz. Il veicolo è stato presentato all’ultimo salone dell’auto di Mosca. Potrei poi elencarne innumerevoli, ognuno con la sua storia, ma sono due i progetti a cui sono particolarmente legato. Il primo riguarda il prototipo Brera firmato Giugiaro, dove io mi sono occupato degli interni, il secondo è la Fiat Croma ultima nata, anch’essa firmata Giugiaro, ed anche qui ho seguito gli interni. In quest’ultima fattispecie però, a differenza della Brera dove il lavoro è stato intenso ma è durato un semestre come quasi tutti i prototipi, quì il percorso è durato due anni, dalla fase degli sketch alla realizzazione dei modelli di stile, proseguendo sui prototipi successivi e quindi sulle fasi di messa in produzione.”

Il suo know how e il suo stile hanno una linea guida, c’è una costante nei suoi concept?

“E’ evidente che il mio know how sia stato influenzato dal fatto che io abbia lavorato in Italdesign Giugiaro per 28 anni, dove ho avuto la fortuna di essere a fianco di Giorgetto Giugiaro. Si può dire che i miei concept e non solo si caratterizzano per la pulizia delle forme con alcuni tratti che ne conferiscono il carattere in modo chiaro. Così come accade per la forma di un viso.”

La sua professione quanto incide nelle sue scelte private ad esempio nell’arredo di casa?

“Credo che ognuno di noi abbia un gusto personale, anche nell’arredare una casa. Molte persone per raggiungere questo scopo si avvalgono di professionisti del settore che, da una idea embrionale, la trasformano in realtà. Per quanto riguarda il mio caso devo ammettere che tutte le mie scelte -siano esse l’arredare una casa, acquistare un’auto, comprare un capo di abbigliamento- passano attraverso un percorso mentale guidato che si può definire design.”

Quale percorso di studio o “di bottega” suggerisce ai giovani che della passione per il design vorrebbero farne una professione?

“Oggi esistono diverse Università di Design con molteplici indirizzi, che garantiscono un percorso formativo valido, con insegnanti che spesso provengono direttamente da realtà lavorative e di conseguenza il metodo d’insegnamento è improntato all’inserimento nel mondo del lavoro, tanto che nel triennio ci sono stage formativi nelle aziende di settore, dove gli studenti possono misurare le proprie capacità e, viceversa, dove le aziende possono testare la validità dei propri stagisti. A prescindere poi dalle reali potenzialità dei futuri designer il primo ingrediente per una buona riuscita è la tenacia unita allo spirito di sacrificio. Non si creda che il percorso per diventare designer sia semplice. Occorre distinguersi. Per farlo serve impegno, costanza, dedizione e quando tutto ciò si trasforma in professione sicuramente si potrà dire che ne è valsa la pena!!!”

Se il mondo del lavoro per le “vecchie” professioni è sempre meno generoso, il settore del design, con studi seri e con tenacia- come ha spiegato Carlo Ratti – è una branchia in espansione, che non conosce una crisi profonda perché rivolta molto all’export, ma solo per chi ha il fuoco vivo della passione e della capacità tecnica. Binomio che in pochi hanno.

Giulia Cassini

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