Australia, Olanda, Inghilterra e Germania le mete dei giovani imperiesi partiti in cerca di “fortuna”

Ci troviamo in un periodo di crisi, non si fa altro che parlarne. Crisi sicuramente economica, ma anche sociale. Le nuove generazione guardano al futuro con preoccupazione ed incertezza. È proprio quest’ultima, l’incertezza, che caratterizza questo momento storico.

La riforma del lavoro, il ministro Fornero che dichiara: “Il lavoro non è un diritto”, i continui tagli alla scuola e alla ricerca, contribuiscono a questo senso di  precarietà che non può far altro che alimentare sfiducia ed insicurezza nei giovani.

Ciò che è difficile trovare è la speranza di dare un senso alla propria vita, di cambiarla radicalmente,  soprattutto qua, nella nostra Provincia che sembra non offrire nulla ai nostri ragazzi.

Ho ventitre anni e questa è una situazione che vivo in prima persona parlando con gli amici ed i coetanei. Si fa fatica a trovare lavoro, si fa fatica a trovare spazi adeguati per portare avanti le proprie passioni, i propri interessi, i propri sogni e anche il divertimento che viene offerto pare inadeguato. La frase più classica che si sente ripetere spesso è: “qui non c’è niente da fare”. Forse la realtà, forse solo il classico lamento adolescenziale che non troverà mai riposo. Rimangono, però, i fatti tangibili davanti agli occhi di tutti. Ultimo esempio è Imperia dove l’estate, tra permessi demaniali ed ordinanze varie, è partita tardi e qualcuno ci ha rimesso. Uno degli storici locali della movida della zona Prino non aprirà.

È l’impoverimento totale e la desolazione di un territorio che potrebbe offrire molto di più.

Per tanti giovani, l’unica ancora di salvezza, è stata quella di cercare fortuna altrove. Sono numerosi i ragazzi imperiesi che sono partiti per mete lontane. Ancora di più sono quelli intenzionati a farlo,  o  che hanno almeno il sogno di partire nella speranza di un futuro diverso.

Ho pensato di raccogliere alcune testimonianze per capire cosa si nasconde dietro questo fenomeno sociale.

Stefano Righetti ha 23 anni ed è partito da Riva Ligure. È stato due anni in Australia ed ora lavora e vive in Nuova Zelanda.

“Ho deciso di partire perché volevo vedere il mondo e fare qualcosa di speciale. Ho scelto l’Australia per svariati motivi. Tra i più importanti il fatto che è dall’altra parte del pianeta e che avevo in mente di girarla con le tavole da surf e cavalcare le onde più belle del Pacifico. I tre mesi che ho trascorso in giro per l’Australia sono stati unici. Naturalmente anche la vita a Sydney è stata qualcosa di assolutamente indimenticabile. Ero partito pensando di stare via per soli sei mesi, invece sono rimasto due anni! L’Australia è la patria dei viaggiatori che vanno e vengono, quindi ci sono sempre camere in affitto e posti di lavoro vacanti. Prima della stagione estiva, quando tutti i locali pubblici si organizzano per accogliere l’ondata di turisti, è molto semplice trovare un posto anche ben retribuito; mentre nei periodi di alta stagione è piuttosto difficile sistemarsi, soprattutto nelle grandi città. A Sydney hai tutte le opportunità e i divertimenti che ti può offrire una metropoli, ma allo stesso tempo hai anche la tranquillità dei piccoli quartieri che la compongono. Propio questa è una delle cose che mi piace: è una città immensa, ma non te ne accorgi. Oltre alle spiagge stupende e alla vita notturna, stupisce il fatto che dovunque trovi giovani provenienti da tutto il mondo che stanno vivendo un’esperienza del tutto simile alla tua!”

Mattia D’Ercole ha 23 anni, anche lui è partito da Riva Ligure e da qualche mese vive a Londra.

“Sono partito per Londra, dopo il fallimento dell’università, perché volevo capire se riuscivo a mettermi in gioco e a trovare lo scopo della mia vita. È un’avventura che ti cambia molto e ti mette costantemente alla prova. Sono partito con poche conoscenze della lingua inglese e, anche se all’inizio è qualcosa che spaventa, sto migliorando molto. Ammetto, però, che il primo mese è stata dura. Qua il lavoro è sempre presente, arrivano da tutto il mondo per cercare fortuna, per riuscire a “scalare la vetta” e qui si può. La città può darti tutto quello che vuoi, qualsiasi possibilità di seguire i propri interessi culturali e non, e soprattutto il divertimento non manca mai… anche se però casa è sempre casa…”

Lucio Martino, originario di Ceriana, ha 24 anni. L’anno scorso ha lavorato otto mesi in un villaggio turistico alle Maldive ora vive ad Husum, in Germania.

“Sono partito perché non voglio vivere in un ambiente statico, asfissiante e morto dentro come la Provincia di Imperia. Husum vive di turismo e ad essere onesti, è una Sanremo troppo vicina al Circolo Polare Artico. Non ha niente di speciale: zero luoghi culturali e d’interesse, zero bellezze naturalistiche particolari, zero di zero, ma i tedeschi fanno fruttare anche gli zeri. I pub sono aperti sempre sino alle 3:00, i prezzi sono decisamente più accessibili, i mezzi pubblici efficientissimi, abbondanti, puntuali e puliti, ogni seconda settimana del mese c’è una fiera, le strade si riempiono di musica e di gente. È una città che vive sempre, ogni periodo dell’anno!”

Juliette van Eijsden ha origini olandesi, ma ha sempre vissuto a Sanremo. A 23 anni ha deciso di partire e di trasferirsi a Leiden, in Olanda,  insieme al ragazzo Roberto.

“Ci siamo trasferiti appena mi sono laureata. La crisi, come ben si sa, è Europea ed infatti in Olanda si stanno lamentando molto della mancanza di posti di lavoro; ma arrivando dall’Italia, dove il problema è maggiore, ci siamo sentiti subito sollevati. Dopo appena due settimane dal nostro arrivo abbiamo trovato un posto con un buono stipendio. Roberto come aiuto cuoco in un ristorante italiano e io nel campo dell’editoria che è quello in cui vorrei rimanere, infatti vorrei diventare traduttrice. Leiden è una città universitaria molto “vivace”, ci sono numerosi progetti per i giovani, per promuovere le loro idee, per i neo-imprenditori, artisti, ecc. Diciamo che sono le stesse possibilità che vedevo a Torino quando studiavo e che sicuramente offrono anche le città universitarie italiane, ma, a mio parere, nella nostra Provincia queste possibilità sono molto scarse”.

Simone Sarchi

 

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