Premio Nettuno d’Oro a Roberto Carboni, la penna noir che conquista Bologna.
A Bologna c’è uno scrittore noir che sta riscuotendo un successo dopo l’altro. A Bologna c’è uno scrittore noir della scuderia Fratelli Frilli editore che sta appassionando lettori da tutta Italia. A Bologna c’è Roberto Carboni.
Noi de L’Eco gli abbiamo fatto alcune domande…
Hai ricevuto il Nettuno d’oro dal Lions di Bologna, il premio più importante assegnato alle personalità più illustri di Bologna, tra cui Lucio Dalla, Enzo Biagi, Pupi Avati e Carlo Lucarelli. Come ci si sente?
Full Of Life, per citare Fante. Visto che sono anche diventato papà (da quattro mesi) dopo soli 26 anni di attesa. Un 2015 frizzante.
Che dire, fin dagli esordi di Hammet e di Chandler gli scrittori noir lottano per testimoniare il fatto che il noir non sia un genere di serie B, gratuitamente violento, in cui il sesso e le trivialità conducono il gioco. Il noir è uno sguardo nel buio dell’esistenza umana.
Dobbiamo però ricordarci che ogni ombra, per esistere ha bisogno di altri due fattori: un corpo e un punto luce. Ecco, il noir si occupa di ombra ma non deve dimenticare gli aspetti umani. O sarà solo un’inutile sequela di omicidi. Non ci si deve limitare a scoprire il colpevole, ma a tradurre in parole gli aspetti deviati che hanno portato il criminale ad agire in maniera degenerata. Il noir non postula che la società sia sana e il colpevole il frutto guasto da estirpare. Per il noir l’intera società è malata e il colpevole è solo diversamente guasto da ciò che gli sta intorno. L’atto criminale diventa perciò quasi un atto di legittima difesa nei confronti di una società opprimente.
Quindi pure io come i miei illustri predecessori, nel mio piccolo, lotto per la promozione della letteratura noir.
Quale dei tuoi romanzi è il più “nero” e in quali pensi che venga risaltata appieno l’aurea della città e la sua magia?
La fortuna del noir è che non è un genere, ma un contenitore. Non ha regole, anzi è l’antitesi delle regole. Il giallo è costretto nel suo “dover spiegare, dover essere morale, dover essere geometrico, eccetera”. Il noir è se stesso. Non è politicamente corretto, non fa quello che ti aspetti, ma solo quello che deve fare. Per questo ti stupisce e per questo è tanto stimolante da scrivere. Ma anche difficile, proprio perché non ti permette schemi: dipingi astratto ben sapendo che il quadro dovrà però essere immediatamente comprensibile. E’ Espressionismo. Come L’urlo di Munch. Non è esattamente la realtà, ma sembra ancora più vero.
Per questo ogni mio romanzo è nero a modo suo. Perché ogni volta ispeziono un nuovo aspetto, un angolo della natura umana. Una volta potrebbe essere la devianza derivata da un narcisismo borderline, un’altra volta una psicopatia. Nel caso de L’Ammiratore la paura di una paranoide assediata da un maniaco. Il lettore è pertanto costantemente insediato dall’insicurezza, non cosa sia vero e cosa una errata percezione della protagonista. Che è anche la vittima.
E’ il romanzo di una mosca già imprigionata nella ragnatela. La tensione deriva dal fatto che la ragnatela vibra per la presenza del ragno, ma il ragno non si vede.
E la città è sempre presente. La città è fondamentale nel noir, proprio perché questo genere letterario ispeziona il tessuto umano, che naturalmente varia di luogo in luogo. Un noir ambientato a Bologna non lo si può di certo spostare a Milano o a Napoli, perché ogni città ha la propria personalità.
Comunque, per rispondere alla domanda, credo che L’Ammiratore sia quanto di più noir io abbia scritto, intendendo ciò per cui viene universalmente riconosciuto il genere. Adrenalina, ritmo, angoscia e batticuore. E’ una storia dalle tinte molto forti, disturbata e forse disturbante.
Con la Fratelli Frilli Editori hai pubblicato tre romanzi, a quale sei più legato?
Ogni romanzo è un’avventura a sé. Sono tutti figli miei. Davvero non potrei scegliere perché in ognuno di loro c’è un pezzo della mia esistenza e ognuno di loro è stato appunto anche un’ispezione della natura umana che è servita per farmi evolvere a mia volta.
Le atmosfere noir da te descritte ed evocate calzano come un guanto alla città, cos’è che ti piace di più di Bologna e cos’è secondo te che la rende particolarmente Noir?
Ogni scrittore bolognese ha cercato la propria spiegazione a questa apparente eccentricità. Perché è effettivamente strano come una città accogliente e di buona cucina, possa avere quest’anima così buia. Il punto è proprio la sua spiccata dicotomia. Di giorno Bologna è la città che tutti conosciamo. Ma se saliamo in collina e guardiamo il centro, e aspettiamo la sera, il buio, le luci accese, allora ci accorgeremo di quanto diventi misteriosa. I portici sono pieni di anfratti, i vicoletti del centro ti respirano addosso tutta la loro medioevalità. E allora sì, ci accorgiamo del mistero.
“L’Ammiratore” renderà insonne la notte di molti lettori, tu nella tua vita privata hai un ‘ammiratore’ che ti ‘perseguita’ e come ti comporteresti al riguardo?
Grazie al cielo no, ma ho raccolto testimonianze di persone perseguitate (ovviamente molte erano donne) e la loro esperienza è agghiacciante. E’ incredibile e drammaticamente colpevole che nel 2015 siamo ancora costretti a sentire simili fatti cronaca ripetersi, ripetersi, ripetersi…
Quali sono i tuoi prossimi progetti e un saluto noir ai nostri lettori…
Crescere mio figlio sano, dentro e fuori. Visto che prima scrivevo circa tre romanzi l’anno, da quando è nato (quattro mesi, appunto) ho buttato giù cinquanta paginette. Mi dedico a lui.
Scherzi a parte (che poi non sono scherzi) per fortuna sono avanti con i lavori, ho tre romanzi inediti terminati e due in fase di lavorazione. Poi ci sarà (sempre edita dalla Fratelli Frilli Editore) la ristampa (o meglio riedizione) dei miei primi romanzi.
Il rimanente tempo lo dedico all’insegnamento della scrittura creativa. Ho ideato un mio metodo pratico che si chiama Scrittura Creativa Dinamica. Non si perde in fronzoli, ma spiega esattamente ai partecipanti dei laboratori come lavora uno scrittore professionista. Come affronta la pagina, come costruisce una storia, ma anche una frase. Come progetta i personaggi o stende i dialoghi e le descrizioni. Insomma, scrittura da guerriglia per interessare da subito un pubblico sempre più difficile, iperassediato, frettoloso e pieno di impegni. Ricordiamo sempre che qualsiasi genere letterario deve contenere tensione, perfino il romanzo d’amore. Perché nell’istante stesso in cui la tensione viene a mancare, il lettore si sente autorizzato ad appoggiare il romanzo, spegnere la luce e dormire. E noi scrittori non vogliamo che lui ci abbandoni neppure a tarda notte.
Allora… grazie per l’attenzione, dal buio, con… Ammirazione.
Francesco Basso