Giotto e l’Italia passando per …Milano
“Giotto, l’Italia” è il grande evento espositivo che concluderà il semestre di Expo 2015 al milanesissimo Palazzo Reale, un appuntamento di spicco creato su progetto scientifico di Pietro Petraroia e Serena Romano, curatori ampiamente noti nel panorama italiano (Catalogo Electa, fino al 10 gennaio).C’è una logica particolare nella location scelta: Palazzo Reale ingloba ancora strutture del Palazzo di Azzone Visconti ove, negli ultimi della sua vita, Giotto realizzò due cicli di dipinti murali, purtroppo oggi perduti.
La titolazione “Giotto, l’Italia” intende poi sottolineare il ruolo rivoluzionario del pittore nel primo Trecento e la sua forza di coaugulazione dell’idea di bello, dei suoi canoni e in definitiva di tutta la cultura italiana, prima ancora che nascesse la nazione. Una omogenietà che ne fa il primo maestro del naturalismo in Italia, la cui grande capacità di narrazione, di testimonianza- con più pathos di quanto una lettura disattenta delle sue opere possa suggerire- lo rende unico nel panorama artistico dell’epoca. Differente da tutti i suoi precedecessori, si liberò- come affermava Pietro Toesca- dalle formule impersonali bizantine e gotiche, ricominciando a partire dall’animo e dalla mente per esprimere la profondità fisica e spirituale con un potere d’intuizione e di sublimazioni tali da porre accanto a Dante il pittore, prima e somma rivelazione del genio fiorentino nelle arti del disegno, con la sua visione ferma, la penetrazione spirituale acuta, l’espressione semplice ed universale. Un’intuizione, questa di Toesca, a cui si rifà in modo semplice e lineare anche il Ministro Franceschini nelle sue parole inaugurali per la grande mostra.
LA MOSTRA
L’allestimento di Marco Bellini incornicia 14 opere, 5 affreschi strappati, 1000 metri quadrati di mostra, ha portato 175 lastre di ferro nero da laminato per un totale di 10 tonnellate di peso e 400 metri quadri di feltro sempre nero per il pavimento (che ad evento terminato verranno interamente riciclati), 100 metri lineari di nastri a led collocati alla base degli “altari profani” e 26 lastre a led per illuminare le opere oltre a 74 micro faretti luce per l’illuminazione, metre si è studiato un “effetto climabox invisibile” con 24 piccole lastrine di vetro extrachiaro antiriflesso per proteggere il polittico Stefaneschi.
Queste curiosità rendono bene l’idea dell’immane lavoro di preparazione per “Giotto, l’Italia” dove l’ambientazione è davvero suggestiva con l’effetto penombra , capace di tenere in secondo piano il Palazzo e di far risaltare ancora di più gli ori e le vesti rosse delle figure. Una materia, il grigioferro (omaggio peraltro al solido mestiere del padre di Giotto, un fabbro ferraio), che si combina con l’atmosfera in un tuttuno, rivelandosi un perfetto espediente scenico, funzionale a raggiungere il “grado zero” fra l’allestimento e un obiettivo: lasciare spazio, anche in senso figurato, solamente a Giotto. Quattordici i capolavori autografi riuniti a Palazzo Reale per coprire i quarant’anni di attività più significativi nella vita del maestro.
Ogni opera è un’emozione, con provenienze acclarate ed un percorso cronologico-tematico che permette la comparazione e la più completa visione scientifica possibile. Le prime sale raccolgono opere giovanili: il particolare della Maestà della Vergine da Borgo San Lorenzo e la Madonna da San Giorgio alla Costa. A seguire nell’attento continuum cronologico il nucleo della Badia Fiorentina col polittico dell’altar maggiore e la tavola con Dio Padre in trono.
Fulcro della mostra il polittico bifronte destinato alla cattedrale fiorentina di Santa Reparata, che ha il suo punto d’arrivo nel polittico Stefaneschi, il capolavoro dipinto per l’altar maggiore della Basilica di San Pietro in Vaticano. Accanto al polittico è esposto, evento fuori dal comune, il frammento affrescato con due teste di Apostoli o Santi, proveniente dalla Basilica di San Pietro, opera di Giotto anch’essa commissionata dal cardinal Stefaneschi, poi strappata all’inizio del Seicento appunto da San Pietro e ricomposta in un quadretto catalogato dagli specialisti dal 1971 solo in foto, perchè mai uscita dalla collezione privata che la custodisce.
Seguono le opere della maturità di Giotto: il polittico Baroncelli dell’omonima Cappella della Basilica di Santa Croce a Firenze, e la sua cuspide, raffigurante il Padre Eterno, conservata solitamente nel Museo di San Diego in California, oltre al polittico di Bologna. Per la prima volta si vedono insieme i tre polittici, un’occasione davvero unica ed un input in più per capire meglio il “padre della pittura moderna”, le cui opere in genere non sono movimentabili.
Giulia Cassini