Un appuntamento prezioso per i cultori delle arti quello in programma il 23 aprile alle 18,30 alla Galleria Artetotale di Pietrasanta (Via Barsanti 34): è infatti  la prima mostra d’arte dell’architetto Giorgio Palù, noto in tutto il mondo per la realizzazione del Museo del violino e l’Auditorium Arvedi di Cremona (gioiello di ingegneria acustica).La galleria Artetotale arricchisce dunque con la mostra ‘Sostanza. Dalla materia alla luce’ il suo programma rivolto alle forme d’arte capaci di totalizzare dentro di sé differenti linguaggi, in modo da affermare una filosofia dell’arte fondata sull’intreccio e lo sconfinamento.

Autore delle opere presentate Giorgio Palù, architetto da sempre impegnato in una ricerca visiva dettata dal suo amore per la materia, che lo ha portato a continue ed innovative esperienze nel campo dell’arte.


Saranno esposte la serie di opere ‘Fire’ realizzate con una procedura che già di per sé, nell’azione kleiniana del ‘dare fuoco’, può esser considerata azione d’arte, la serie ‘Citylight’ composizione in cui ricorre un riferimento a ritmi mondrianiani e a una sintassi neoplastica e la serie ‘Building’ in travertino, opere che derivano dal suo giovanile entusiasmo per ‘le pietre di Venezia’ di Jhon Ruskin.

Giulia Cassini

 
APPUNTI SULLA MOSTRA
al fuoco ! al fuoco !
Di Marco Nereo Rotelli

Giorgio Palu’, un nome riconosciuto nell’architettura contemporanea, insignito del premio eccellenza lombarda nel 2016 nonché progettista del museo del violino di Cremona, ha realizzato tanti progetti architettonici di riconosciuto valore.
Dal punto di vista professionale il suo fare è spinto dall’idea di una forma radicata nella progressione: creare, progettare, costruire lo spazio dove viviamo; un sapere perfettamente integrato nell’io pensante.
Palù artista: il primo punto di riflessione potrebbe dunque essere il perché di una trasgressione.
L ‘io pensante, secondo Heidegger avrebbe inizio con Platone e consiste nella conoscenza della realtà alla misura delle facoltà umane, in cui si dispone la centralità dell’io legiferante dell’uomo. L’architettura è, del resto, l’attività umana che comprende l’arte e la tecnica di ideare, progettare e costruire edifici, un fare che necessita di un artefice capace di controllare la forma che sorge, sia essa un oggetto, una casa, una città.

Nelle “Domande fondamentali della filosofia” il filosofo tedesco introduce un regime di verità a mezza luce, prodotto dallo stupore come la dismisura dell’indecisione tra quello che nella realtà è in quanto ente e ciò che ci spinge avanti senza stabilità, ciò che si sottrae al nostro controllo e trasgredisce l’ordine abitudinario della vita.

In questo senso noi dobbiamo ricordare che l’esperienza dell’arte per sua natura va oltre ciò che è capace di sacrificare ogni umana conquista per accedere a ciò che è nascosto, ciò che abita nel mistero.
Naturalmente nello stupore è come se l’evento annullasse la nostra volontà. In effetti nella tensione verso ciò che è nascosto il logos abdica in favore del pathos e non a caso ‘pathos’ era il titolo di una sontuosa mostra di Palù al museo Ala Ponzone di Cremona in occasione della giornata dedicata ai Musei d’ Europa.

Giorgio si è avviato ormai da tempo in questo percorso, che vede nello stupore un paradigma di conoscenza. Qualcosa di inafferrabile percorre il suo fare, una necessità che lo trascina a creare nei campi liberi dell’arte, dove la forma non è più definibile dal tempo e lo spazio della funzione. Qui l’orizzonte è interno, o meglio una dimensione dell’interiorità che racconta nuovi contenuti, il perseguimento e proseguimento di una strada dove il luogo non è più prospettico, ma il pentagramma di nuove percezioni prodotte dallo stupore.

Ho visitato lo studio di Giorgio nelle campagne di Cremona, un soffio wagneriano musicava le opere in vista, pronte per la mostra di Pietrasanta.

Ho pensato che quello che in architettura deve per forza esser risolto nell’arte di disporre e di adornare lo spazio nell’arte diviene habitat del pensare le cose altrimenti. Gli stessi materiali dell’edilizia sono plasmati per dire altro, non più per esser parti di una costruzione ma per esser essi stessi ‘cose’, soggetto ed oggetto della rappresentazione.

L’essenza dell’umano essere-nel-mondo si incentra nel rapporto con le cose; in un tempo “incalzato” da cambiamenti incessanti e accelerati, noi scopriamo un tempo sospeso generato dal passaggio dalla materia alla luce.

Al fuoco Giorgio lascia il destino della visione, una catarsi che stra/volge il luogo, trasforma la materia e interpreta l’esistente con nuovi coinvolgimenti.
Il fuoco genera stupore, un coinvolgimento sollecitato dalle traslazioni estetiche che il vampo crea. Palù sta percorrendo nell’arte un sentiero assolutamente unico, e speriamo non ne resti fulminato perché a giocar con il fuoco si rischia di bruciarsi. Voglio dir che il suo non è l’usuale approccio dell’architetto al fare artistico, una furia distruttiva lo anima…del resto egli non ha scelta, se vuole avanzare deve rischiare.

O resiste nella città così come è o rischia.

Quanto sei disposto a rischiare per vedere e creare una nuova forma ?

“Quattro volte la città di Dioce fu distrutta :
una volta per vanità ,
una volta per falsità ,
una volta per avidità,
una volta per discordia .”

ma rinata Dioce resterà nella mente per sempre indistruttibile.

Questa idea di catastrofe ed epistrofe che Ezra Pound riporta magicamente nei ‘cantos Pisani’ è ben incarnata nel fare del mio amico Giorgio Palù.

Per costruire la città di Dioce che ha terrazze color delle stelle (Canto LXXIV) serve uno schianto, non una lagna.
Palù ha ben capito che non serve tentennare. Uno schianto è di per sé il vampo di un esteta cupido d’abisso che nel fuoco mostra il paradiso.

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