“Smoke”, ma non restando fermi
“l’arte è una forma di danza, il punto non è starsene fermi” Mark Handforth
Una linea diretta con il sociale, in continua evoluzione ma leggera come una danza, nonostante la grandiosità delle forme e l’altrettanto imponente contenuto. E’ questo alla fine che caratterizza le opere di Mark Handforth, una delle eminenze grigie dell’arte contemporanea; se vogliamo a metà strada tra il Ready- Made e la Pop Art (e in questo caso con tangenze che toccano le idee di fondo di Claes Oldenburg e Coosje Von Bruggen). Le sue opere sono ossimori stranianti perché utilizzano oggetti familiari a tutti noi in contesti insoliti non per dar vita ad installazioni surreali bensì per rivelarci qualcosa di nuovo – e a volte davvero di intimo – sulla loro funzione nella nostra vita reale.
Nato a Hong Kong, cresciuto in Inghilterra dove si affina artisticamente, vive a Miami dal 1992 e focalizza la sua attenzione sul tessuto sociale traendo ispirazione dall’ avanguardia americana del XX secolo. La sua iconografia però è davvero contemporanea, è sinceramente quotidiana, perché attinge proprio dal nostro habitat di “animali urbani”, con tanto di cartelli stradali e con tutto quello che troviamo nelle nostre caotiche città. Persino le stelle cadono dal cielo e restano ancorate a colate di cemento che non le lasciano più fluttuare. Le sue sculture pubbliche sono state esposte a New York al Central Park, a Dallas al Museum of Art, Al FIAC di Parigi, a Chicago per MCA e a Zurigo al Tessinerplatz. Mentre solo lo scorso anno ha catalizzato l’attenzione al Modern Institute Aird’s Lanea Glasgow (“The Excentric Circle”), ad Astrup Fearnley Messet ad Oslo (“Love Story-Works from Erling Kagge’s Collection), al Palais des Beaux-Arts a Lille (“La Joie de Vivre), giusto per citarne alcune.
Sue le famose stelle spuntate e letteralmente conficcate al suolo oppure galleggianti ma macroscopiche che ti si sventolano poco più in su della faccia ma sono prosaicamente imbullonate a trattenere i catarifrangenti , sue le cornette del telefono riverniciate con colori pop che sembrano galleggiare in aria appese a pali altissimi, sue le panchine dai cromatismi insoliti, le bandiere pop su aste ricurve e decisamente sproporzionate, i lampioni dal fusto letteralmente aggrovigliato e dalla forte potenza plastica…
Ebbene quando una istituzione prestigiosa come Villa Croce e il suo staff si mettono in gioco può venir fuori davvero qualcosa di unico. E’ questo il caso della nuova personale di Mark Handforth visionabile a Genova fino al prossimo 5 settembre per “Smoke”: una mostra particolare che riunisce opere già esistenti e nuovi lavori, creati in risposta agli ambienti del museo. Come spiega la curatrice Ilaria Bonacossa “il titolo della mostra nasce proprio dalla fascinazione dell’artista per la resa grafica della parola ‘Smoke’ (fumo) nella segnaletica stradale americana. Per Mark Handforth, ‘Smoke’ è insieme parola, segno e indicazione di una condizione ambientale offuscata che determina la dissoluzione della forma e il movimento dei contorni. Alterando i materiali e i rapporti di scala di oggetti ordinari e consueti, l’artista sviluppa una ricerca scultorea che è insieme seria e ironica, ludica e formale, monumentale e melanconica. L’intervento dell’artista sui segni e i simboli del quotidiano, genera un repertorio di oggetti dilatati, spesso dotati di una fisicità irruente e di una impetuosa carica vitale, dai quali fluiscono libere associazioni mentali e una molteplicità di interpretazioni poetiche e irriverenti della realtà. Per la mostra a Villa Croce, l’artista reinterpreta l’architettura e gli spazi dell’edificio neoclassico creando una straordinaria successione di lampioni contorti, mandala fluorescenti fatti di neon, enormi ‘grucce’ deformate e grandi stelle ammaccate che scandiscono un percorso narrativo caratterizzato dalla tensione dinamica tra forme organiche e geometriche, fra concetti d’immanenza e di cambiamento, di naturale e di artificiale, di astrazione e rappresentazione simbolica”.
Già entrando su per lo scalone si rimane spiazzati per la grande stella -lampadario creata (verrebbe da dire ‘su misura’) per Villa Croce, in alluminio pressofuso, pittura, lampade fluorescenti del 2016 “Twisted Red Star” non avendo il tempo di ambientarsi nelle sale del museo, anzi anticipando in pieno lo spirito che collega “Golden Ring” del 2013 in ottone, “Shadow Sun” del 2016, “Diamond Hanger” del 2016, “Noodle” del 2013 e “Shadow Sun” del 2016. Una produzione recentissima dunque quella indagata con armoniosità e con i dovuti spazi a Villa Croce.
Ma la star è lei: “Flagpole” del 2016, sgorgante da un grande sasso grezzo che sembra un’isola rocciosa ed arida, “Flagpole” che non si fa intimidire nemmeno dal blu dirompente del mare all’orizzonte o dal costante caos del porto. Un’opera già eloquente nel nome e pensata appositamente per la mostra genovese, un vessillo con disco rosso leggermente decentrato su un campo viola che riprende, modificandone i colori, il motivo del sole nascente presente sulla bandiera del Bangladesh, carico di rimandi simbolici: suggerisce l’assurdità di ogni pretesa territoriale, l’impossibilità della conquista oppure, forse, un’ultima richiesta di aiuto. All’ inaugurazione per le condizioni atmosferiche sembrava nascondersi e stentava a mostrarsi nella sua fierezza, che volesse indicarci davvero come siano di poco conto le smanie di conquista, come ci si affanni e si sacrifichino tante vite per nulla ?
FOCUS SU MARK HANDFORTH - Mark Handforth (Hong Kong, 1969) vive e lavora a Miami, USA. Ha esposto il suo lavoro in numerose mostre personali e collettive negli Stati Uniti e in Europa. Tra queste si ricordano le personali: The Excentric Circle, The Modern Institute, Glasgow (2015); Two Old Bananas, CASS Sculpture Foundation, Goodwood, (2015); Sidewalk Island, Governors Island, New York (2014); Black Bird (public installation), Zürich (2013); Rolling Stop, Museum of Contemporary Art, North Miami, Miami, e MCA Chicago Plaza Project, Museum of Contemporary Art, Chicago(2011), Concentrations 51: Mark Handforth, Dallas Museum of Art, Dallas, TX (2007); Stroom, Kunsthaus Zürich, Zurigo (2005), Hammer Projects:Mark Handforth, UCLA Hammer Museum (2002).
Tra le collettive ricordiamo: Retour du monde, una commissione per il trasporto pubblico, Musée d’art moderne et contemporain, Ginevra (2013), Luminale Midwest: Sunlight on Cold Water, Kunsthalle Detroit, Detroit (2012) e Hors les Murs, FIAC Jardin des Tuileries, Paris (2012), Mapping the Studio: Artists from the François Pinault Collection, Palazzo Grassi/Punta della Dogana, Venezia (2009), Château de Tokyo/Tokyo, Redux, Ile de Vassivière (2008), The Uncertainty of Objects and Ideas, Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington DC, (2006), 5 Milliards d’Années, Palais de Tokyo, Parigi (2006), Whitney Biennial (2004), Terminal 5, JFK Airport, New York (2004).
FOCUS SUL CATALOGO- SMOKE: una nuova pubblicazione con immagini della mostra scattate a Genova verrà pubblicata a luglio 2016 da Silvana Editoriale con testi di Ilaria Bonacossa, Mary Cerutti e Veronica Gonzalez Pena. La mostra e il catalogo sono stati prodotti con il supporto di Galleria Franco Noero, Torino; The Modern Institute, Glasgow; Galerie Eva Pressenhuber, Zurich; Gavin Brown’s enterprise, New York e Kayne Griffin Corcoran, Santa Monica.
fotoservizio di Giulia Cassini
MARK HANDFORTH
SMOKE
a cura di Ilaria Bonacossa
Inaugurazione 22 giugno 18:30
23 giugno – 5 settembre, 2016
press: luisa.mazier@gmail.com
contact: staffmostre@comune.genova.it