Sabato allo ‘Spazio Lomellini 17′ moda e arte per “Assassinio sul Nilo”
E’ la prestigiosa sede “Spazio Lomellini 17” a Genova – nell’omonima via che è uno dei gioielli della Superba- la quinta teatrale in cui avrà luogo l’attesa serata-evento “Assassinio sul Nilo” il prossimo sabato 2 luglio a partire dalle ore 18,30. “Death on the Nile” – il film della fine degli anni Settanta (premio Oscar nel 1979) diretto da John Guillermin tratto dal romanzo “Poirot sul Nilo” di Agatha Christie- è l’ispirazione della serata a tema coinvolgente sia per la scelta di un soggetto così popolare ma allo stesso tempo raffinato sia per le improvvisazioni teatrali in cui si alterneranno modelli e attori che indosseranno una selezione di abbigliamento vintage a cura dello stylist Andrea Costigliolo- famoso fornitore di scena per i principali teatri liguri e geniale titolare-ideatore di Man and the City Vintage Genova tra i tanti interessi- e di bijoux d’autore ad opera dell’apprezzata artista Monica Frisone, che ha già esposto in molte personali e collettive nell’alta Italia dal 2007 (la più recente alla Fabbriceria del Duomo di Pienza e la più prestigiosa al Padiglione Italia della 54° Biennale di Venezia).
LA SERATA DEATH ON THE NILE - Iniziando con la Gran Sfilata di abiti Vintage “Man And The City Vintage” e “DONNACITY Ravecca” dalle ore 18,30 sarà un crescendo di suggestioni con spazi dedicati alla danza col ballerino Nicola Marrapodi. Non mancheranno anche tante bollicine, un ricco buffet e ottima musica, rigorosamente a tema. Lo slittamento tra passato e presente coinvolgerà e divertirà portando in un’altra dimensione. Il visitatore-partecipante verrà accompagnato tra i fasti e lo stile in questa “time machine” dando luogo ad una esperienza davvero unica. Questo lo scopo di “Spazio Lomellini 17” che promuove anche con questo evento l’arte in modo fruibile ad accattivante, confermandosi quale nuovo (vista la recente inaugurazione) veicolo di arte, musica e spettacolo ( tra gli ultimi appuntamenti anche il laboratorio di teatro di Antonio Carletti) la cui anima profonda si chiama Ruben Esposito, scultore e scenografo con formazione musicale di ottimo livello, il cui obiettivo è quello di “promuovere l’Arte sotto ogni sua forma e creare a Genova un posto dove poter fare aggregazione, riscoprendo il dialogo di un salotto tra amici durante gli eventi organizzati”. “Spazio Lomellini 17” ha già fatto molto parlare di sé anche con la recente mostra “Al margine delle macerie” sulla vita dei migranti guidati dagli occhi e dalle angolature non solo di Ruben Esposito, ma anche di Ernesto Fidel Romero Bayter.
Ebbene, questa volta la suggestiva location sede dell’omonima associazione culturale si trasformerà in un lussuoso battello in legno del secolo scorso in navigazione lungo il maestoso e lento Nilo. Un’attenzione particolare, come spiegano gli organizzatori, è destinata al connubio moda-arte. La sfilata è stata infatti pensata come un intricato e colorato ordito di vestiti, cappelli e borse che, dagli anni Cinquanta, dai mitici Sixties e dagli psicadelici anni Settanta, strizzano l’occhio ai ruggenti Venti e Trenta, lasciandosi ispirare dal grande classico di Agatha Christie. Gli outfit saranno completati da bijoux d’autore pensati come “wearable art”, vere e proprie opere d’arte da indossare. Interamente hand-made, essi in parte traggono ispirazione dall’Art Nouveau e Déco, in omaggio al soggetto scelto per la sfilata, e che ben rappresentano l’essenza dell’eleganza, della femminilità, del lusso ricercato e dell’armonia estetica rimandando anche all’antichità classica e all’esotismo. Come continuano gli organizzatori quello che la collezionista e mecenate Peggy Guggenheim fece, indossando i gioielli creati da artisti del calibro di Calder e Tanguy e sottolineando il fatto di “essere l’unica donna al mondo” a poterlo fare, è ciò a cui fa riferimento la famosa artista Monica Frisone: creare pezzi d’arte unici, emozionali che sottintendano però un attento e lungo lavoro di ricerca e studio “a monte” della semplice figurazione e che diventino così, una volta indossati, una sorta di arabesco in sintesi assoluta con l’outfit che vanno a completare. L’uso di colori intensi, luminosi e puri, che come asseriva Derain hanno il furore di “cartucce di dinamite”, effonde le emozioni liberandole dai vincoli delle convenzioni: il gioiello rivelerà di fatto della sua indossatrice uno straordinario desiderio di evasione dall’omologazione, nonché disinvoltura e autoironia, un vivace temperamento e un inconfondibile potere seduttivo. Parlare di gioielli non è riduttivo, non è uno sfizio: come commenta Monica Frisone “ciò che si indossa deve rappresentarci e, citando Mario Sironi, ‘L’arte è un’evasione dalle sfere normali, cioè per anime normali l’arte è un insieme di stravaganze’. Gli abiti e i bijoux che sfileranno possiedono una personalità tale da aver superato i primi la prova del tempo, mantenendo il loro fascino inalterato e intrecciando la storia con l’ordito delle cose, e da liberare i secondi emozioni attraverso l’estetica”.
FOCUS: L’INTERVISTA ESCLUSIVA A MONICA FRISONE
G.C. Il gioiello per un artista può essere considerato un vero e proprio prolungamento di sé, ancor più della larga parte della popolazione che magari li indossa anche solo per estetica? Significa andare molto oltre il concetto ornamento? In ultimo a quale sua creazione è particolarmente legata?
M.F. “ Il valore di un gioiello, che è molto di più di un semplice ornamento, dipende dal livello culturale di chi lo ha progettato. Tempo fa lessi alcuni scritti del leonardesco Bruno Munari, che sosteneva ciò che reputo una grande verità: in breve, se l’autore di un gioiello ha una buona cultura attuale, produrrà dei gioielli aventi riferimenti alle arti un tempo definite maggiori, da cui nascevano gli stili; se invece non ha cultura, produrrà sempre un oggetto a prezzo altissimo, utilizzando materie tra le più preziose, poiché si rivolge ad un pubblico senza cultura, in grado di capire solo il prezzo ma non il valore dell’oggetto, spesso confondendo le due cose. Nella mia visione artistica, l’essenza si impone sulla sostanza. Più che di semplici gioielli, parlerei di gioielli d’arte da indossare, la cui preziosità sta nella creatività dell’artista: opere d’arte e gioielli d’arte nascono dallo stesso approccio e hanno lo stesso significato creativo. Il gioiello, quindi, è senza dubbio un prolungamento del suo creatore, perché nasce nella sua mente, prende forma nei suoi disegni e corpo dalle sue mani, ma aggiungerei che dovrebbe essere visto anche come un prolungamento del suo indossatore: scegliere un particolare monile, evocativo ed insolito, rivela molto del suo possessore così come già la preferenza per l’opera d’arte al semplice accessorio. Tra tutte le mie creazioni non ce n’è una che preferisca alle altre, l’ideazione di un gioiello può essere conseguente alla realizzazione di un quadro, alla lettura di un libro, alla visione di una mostra, all’osservazione del mondo, alla scoperta di cose nuove, tutto ciò che ha suscitato in me emozione può essere d’ispirazione per la creazione di un nuovo monile. Sono incontri, tra la mia interiorità e il mondo esterno”.
G.C. Quali sono i materiali che utilizza e quali le maggiori difficoltà nella realizzazione? Da quanto tempo si è specializzata anche in questo campo?
M.F. “In ogni gioiello inserisco sempre uno o più elementi dipinti a mano, su supporti anch’essi creati da me, in ceramica colata a freddo, in legno o carta, costruendo poi attorno ad essi il monile nella sua unità, impiegando metallo anallergico, minerali anche grezzi e pietre dure, prevalentemente agata, onice e giada, ma anche paste di turchese e corallo, perle di fiume, resine, ecc. I gioielli non devono essere la miniatura di un’opera, ma una diversa declinazione del lavoro artistico con un concetto e una storia ben precisa. La difficoltà maggiore, se così vogliamo chiamarla, è quindi la ‘stesura del racconto’, come quando si scrive un testo e bisogna scegliere un incipit a effetto, trovare il modo migliore per coniugare sintesi nella realizzazione e potenza espressiva, considerando soprattutto la dimensione ridotta del supporto su cui andrò a lavorare. Ho iniziato a realizzare gioielli nell’ambito di un progetto artistico di collaborazione nel 2013, fino a quel momento mi ero dedicata soltanto alla pittura e al disegno, ma da allora riconosco la creazione di monili come parte integrante del mio lavoro, perché in essi c’è un fil rouge che li collega al resto: l’ambizione di ideare qualcosa che sia al contempo indossabile e distante, un’opera d’arte sotto mentite spoglie.”
G.C. Il design dei gioielli Frisone non passa solo dalla forma, dalla creatività, dalla preziosità dei dettagli, dalla personale cifra stilistica, ma instaura già dalla prima occhiata uno scambio fisico e cerebrale con il fruitore. Lei come artista affermata sente già nella fase progettuale questa necessità di contatto?
M.F. “L’ideazione di un gioiello contribuisce inevitabilmente a creare un legame emotivo con chi li indosserà, colui che lo mostrerà al mondo, ma questo rapporto per quanto mi riguarda è successivo alla realizzazione del gioiello stesso. La parte antecedente, quella in cui il gioiello viene pensato, è per me un momento del tutto personale, frutto dello stesso processo creativo che porta alla nascita di un quadro, un’esperienza intima, fatta di studio, riflessione e ispirazione. Il rapporto che s’instaura successivamente con il fruitore non è studiato a tavolino, non è nemmeno necessario al fine della creazione, ma il gioiello, in qualità di opera d’arte, diventa mezzo di condivisione di esperienze con il fruitore stesso, che “riconosce” una parte di sé nell’opera e si relaziona con essa. E’ un processo osmotico quello tra artista e pubblico e si compie attraverso l’opera, in questo caso il gioiello d’arte”.
Servizio a cura di Giulia Cassini
Foto courtesy stampa “Spazio Lomellini 17” e Monica Frisone (opere nel dettaglio titolate Art Déco 2.0, Art Nouveau 2.0 , Art Nouveau Libellula, L’eterna Rinascita, Lo scarabeo egizio ) per i bijoux “contestualizzati”, cioè in parallelo con le fonti da cui ha tratto ispirazione per crearli.