Troppi sindaci a “loro insaputa”
Sindaci a loro insaputa. Sembra ieri quando Scajola tirava fuori dal cilindro la coppia di coniglietti bianchi ammaestrati e invece sono già passati quattro anni e da allora uno è diventato sindaco (poi caduto) di Imperia e l’altro di Sanremo.
Poi l’esercizio di magia si è bruscamente interrotto e le simpatiche bestiole hanno preso ognuna la propria problematica strada.
Però non erano loro “il problema”, anzi è esattamente il contrario. Aggiungo che i due continuano a farmi tenerezza e in fin dei conti non mi sento di negargli quella comprensione che è doverosa nei confronti dei minus habentes. Dunque, se tutto si fosse fermato lì sarebbe stato sufficiente rimettere i coniglietti bianchi nel cilindro e morto un papa farne un altro.
Però dopo il congedo di “Ginetto” a Imperia e la caduta di “Bibì & Bibò” a Sanremo abbiamo visto all’opera anche i coniglietti rossi, prima nella Città dei Fiori e adesso nel capoluogo dove uno di loro si è appena insediato, ha disfatto le valigie e dal loro contenuto si è capito che il lupo cambia il colore del pelo ma non perde il vizio.
Il problema da risolvere infatti è diverso, anzi i problemi sono due, uno dentro l’altro.
Il primo è che in questo estremo lembo d’Italia come nel resto del Paese l’interminabile fiction del secolo scorso che intitolerei “Delegation” è all’ultima puntata e il secondo è che “Participation”, il format chiamato a sostituirlo nel palinsesto democratico, è ancora tutto da scrivere.
Risolvere i due problemi nel microcosmo ponentino oppure a livello nazionale non cambia: per forza la formula deve essere sempre la stessa.
Infatti non si può continuare all’infinito a fare esperimenti con gli apprendisti e ad inventare emergenze, deroghe ed eccezioni che anziché confermarle diventano esse stesse “la regola” e che pian piano finiscono in quell’incubatore del caos e dell’anarchia che i pensatori chiamano relativismo.
A Roma, in parole povere, la formula non può più essere quella del cambiamento predicato da Bersani o della restaurazione promessa da Berlusconi e neppure quella del surplace praticato da Letta e Alfano.
Perché tutte e tre le formule ricavate dalla dinamica dei solidi si risolvono in uno stop and go politico che non apre al futuro, che non replica il passato e che galleggia sul presente.
Va detto, però, con un pizzico di cinismo, che da noi, nel Ponente ligure, ci siamo portati avanti col lavoro rispetto al laboratorio nazionale nel senso che abbiamo superato la stagione delle storiche contrapposizioni e siamo arrivati alla formula unica: “S.O.S. – Si salvi chi può!”.
Qui sullo schermo della politica che per settant’anni ha raccontato i fasti e i nefasti della democrazia delegata la parola “Fine” è comparsa senza che quella partecipata abbia ancora fatto capolino, neppure sotto forma di trailer del film fuori concorso con un titolo intrigante: “Grillo e le sue Cinque Stelle”.
Nelle assemblee elettive a lungo frequentate ho sempre detestato quelli che per spiegartela esordiscono con la locuzione “Per esempio …”, ma il momento di contraddirsi viene per tutti e su un argomento indigesto come questo, ecco, quel momento è arrivato anche per me.
Così, per spiegarmi meglio prenderò “per esempio” il coniglietto bianco che a Sanremo, con l’astuzia volpina del venditore di macchine usate, le studia tutte pur di non finire con il rosmarino e le olive taggiasche a rosolare nella padella del cambiamento.
Un Mago Forest che estrae a getto continuo dal cassetto della “Prima Repubblica” dorotea tutti i trucchetti, gli artifizi e i trompe-l’œil grazie ai quali il suo Mentore è arrivato fino al Viminale. Senza accorgersi, aggiungo io, che nel conto delle Repubbliche siamo già alla Terza e che nel frattempo il pubblico in platea è cambiato.
Nessuno che gli abbia mai parlato di Giannini, Sacconi, Bassanini, Cassese, Treu, Frattini, D’Antona e Brunetta, che non sono le new entry di “Area Sanremo” per il prossimo Festival ma la staffetta che in 35 anni ha portato al traguardo l’attuale figura di sindaco, dimezzata e senza poteri di gestione amministrativa, tutti finiti in mano ai dirigenti.
Figura di primo cittadino che però è stata abbondantemente ricompensata con fondamentali compiti di indirizzo politico ordinato ai dirigenti e con poteri di controllo e di verifica sui risultati che ciascuno di loro porta a casa, competenze di governo che deve esercitare in sinergia con l’esecutivo da lui nominato e con il consiglio democraticamente eletto.
Ma essersi imbattuti in uno Scajola che a tua insaputa ti regala una bicicletta da corsa non è sufficiente se non impari a starci sopra, se non hai i polpacci adatti e se non sai dove andare.
E che manchino al coniglietto sanremese tutti e tre gli attributi in questione i sospetti si accumulano e negli ultimi tempi trovano conferma in prove decisive.
Prendiamo la questione della legalità che su Facebook gli è valso lo scherzoso nomignolo di “Sceriffo” per la partecipazione diretta alle retate anticontraffazione e per i peana entusiasti che intona ogni volta che vengono sequestrati ai senegalesi sacchi neri della spazzatura pieni di Louis Vuitton rigorosamente falsi.
Nessuno che gli abbia detto che in campo amministrativo, da non confondere con quello penale, il concetto di “legalità” non è più quello di 35 anni fa e che il rispetto, pedante, ottuso e fine a sé stesso, delle norme e delle procedure ha da tempo lasciato il posto al principio di “responsabilità”, politica e di gestione.
Insomma il battagliero coniglietto è sì responsabile, anche se a sua insaputa, per gli indirizzi da lui impartiti ai vigili nel contrastare i senegalesi abusivi e magari è anche giusto che con i suoi peana li incoraggi a farlo, però la responsabilità politica per la quale i cittadini di Sanremo gli hanno conferito una “delega” in bianco non si misura certamente dal numero delle borse contraffatte sequestrate in un quinquennio.
Prendiamo un’altra questione, quella del territorio, per la quale il coniglietto bianco interpreta la propria responsabilità politica non sulla base degli strumenti urbanistici adeguati alle esigenze, delle opere pubbliche concluse, dell’ambiente salvaguardato e difeso, del patrimonio immobiliare valorizzato e così via, ma in termini di contrasto serrato ai “furbetti” per il quale anche in questo caso si guadagna sul campo la stella di “Sceriffo”.
Con la differenza che mentre nella guerra ai senegalesi è il sindaco “vigilante” a rubare il lavoro ai vigili, in quella contro i “furbetti” sono i dirigenti del terzo piano a rubarlo a lui. Lui, infatti, il baldanzoso coniglietto bianco, va in giro a combattere l’abusivismo spicciolo e ad abbattere le catapecchie dei rom e loro a Palazzo Bellevue salgono sulla sua poltrona e a sua insaputa dettano a sé stessi gli indirizzi politici che invece dovrebbero ricevere dal sindaco e dalla sua amministrazione.
Succede su questioni importanti come quella dell’Auditorium “Alfano”, dove su di loro si è addirittura aperta una inchiesta penale, o anche sull’eterna telenovela della SATI, o la milionaria Pista d’Atletica ed altro ancora.
L’esempio dice che a Sanremo come a Roma la democrazia delegata a inconsapevoli coniglietti bianchi e rossi non funziona più e che quella partecipata di Grillo e dei suoi “Meetup” locali non c’è ancora, come il risultato delle ultime elezioni amministrative dimostra. Ecco “il problema”.
Bruno Giri