Anche Genova è la Città dei presepi
Come segnala Valerio De Luca, anche a Genova la tradizione del presepe è storica, non mancano le eccellenze che non sfigurano con la schietta cultura napoletana tanto rinomata.
Tradizione dalle radici tenaci, che continuano a dare splendidi frutti, tanto che è impresa impossibile elencarli proprio tutti, quei frutti! Basti qui ricordare che sono ben numerosi i presepi di eccellenza storico-artistica nazionale, e sia in città che sul territorio provinciale c‘è tutta una fioritura magnifica di presepi di ogni sorta – antichi, moderni, tradizionali, meccanici, panoramici, viventi, eccetera – sulla spiagge, nelle valli, nei boschi, nei paesi (tra questi, il “paese-presepe” di Pentema), nei santuari, nelle chiese, nella badie, nei musei, nei parchi e nelle ville storiche, nei negozi, nei centri commerciali, nelle vetrine, e così via …
E ci sono i presepi permanenti,da poter ammirare tutto l’anno: tanto per restare a Genova, imperdibili sono quelli del Santuario della Madonnetta,la collezione del Museo Luxoro a Nervi, il Presepe della Duchessa al Santuario di Santa Maria delle Grazie affacciato sul parco di Villa Duchessa di Galliera a Voltri .
E ci sono magnifiche occasioni – anch’esse permanenti – per ammirare l’iconografia natalizia nei musei e nei luoghi di culto: tra le tante, il presepio del “Grechetto” a San Luca, chiesa gentilizia della Famiglia Spinola, e l’Adorazione dei Magi di Joos van Cleve nella Chiesa di San Donato.
Gli itinerari tematici e le visite guidate offrono tante belle opportunità per scoprire o riscoprire il fascino di una famosa e storica tradizione, la varietà dei panorami cittadini, le caratteristiche dei luoghi sede di allestimenti presepiali sul territorio sia cittadino che della provincia e del “Genovesato”.
Il presepe nelle collezioni civiche e il Museo Giannettino Luxoro
Gli oltre ottocento pezzi che costituiscono attualmente la collezione di figure da presepe del Comune di Genova e che documentano in modo completo la produzione degli intagliatori genovesi dal XVII al XIX secolo, provengono da lasciti di munifici collezionisti desiderosi di salvaguardare dalla dispersione un patrimonio artistico di grande significato e di dotare la città di una raccolta di figure presepiali, così come era avvenuto a Napoli per il Museo della Certosa di San Martino nell’ultimo scorcio dell’Ottocento.
L’ultima donazione di figurine da presepe risale 1946 quando Matteo Luxoro legò al Comune di Genova la magnifica villa suburbana con le raccolte artistiche in essa contenute tra le quali risaltano le 350 figurine, in parte esposte all’interno di vetrine o in un allestimento scenografico permanente, in parte conservate nei depositi visitabili su richiesta. Spiccano esemplari eccezionali per qualità, come i due Schiavi mori del corteo dei Magi, i Magi stessi, o per rarità tipologica, come i tre Dromedari, tutti capolavori di Pasquale Navone.
La raccolta, comprende anche un piccolo nucleo di figure napoletane settecentesche, un presepe a sagome di cartone dipinto di manifattura lombarda, allestito in permanenza in una sala dedicata, ed un raro presepe siciliano, databile tra XVII e XVIII secolo, in legno e cartapesta opera del “figuraro” trapanese Giovanni Antonio Matera.
Il presepe dell’Accademia Linguistica
Pervenuto all’Accademia nel 1874, con il lascito dell’erudito e collezionista genovese Antonio Merli, il manufatto fu registrato come “piccolissimo presepe intagliato in avorio”. In realtà il presepe, siglato in basso a destra col monogramma “GBC”, è opera di Johann Baptist Cetto (1671ca- 1738) un ceroplasta bavarese di origine italiana il quale, con una tecnica prodigiosa, rappresentava minuscole scene assai ricercate dai collezionisti di tutta Europa e conservate nelle più esclusive wunderkammer dell’epoca. Alle opere straordinarie del Cetto e del figlio Nikolaus Engelbert è stata dedicata nel 2013 una grande mostra monografica nella città di Tittmoning, in Baviera.
Una preziosa cornice in ebano e filigrana d’argento racchiude un rilievo di minuscole dimensioni (mm 84 x 62 x 16): raffinatissime figurine modellate in cera bianca popolano i ruderi di un tempio che accoglie la Natività. Alberi e palme scandiscono la prospettiva della scena mentre in lontananza si scorge l’annuncio ai pastori sullo sfondo di una fantastica città turrita che domina un paesaggio lacustre.
Il presepe del Santuario di Nostra Signora Assunta di Carbonara, detto “La Madonnetta” è senza dubbio uno tra i più suggestivi presepi genovesi e presenta storiche statuine (databili dal XVII al XIX secolo) in un’ambientazione assai scenografica della Genova antica.
Il santuario è raggiungibile utilizzando la funicolare che dal centro cittadino (Largo Zecca), sale verso le colline del Righi, scendendo alla fermata “Madonnetta”. Il viaggio in funicolare offre senza dubbio un’occasione unica per godere di suggestive viste “verticali” tra le case e il mare.
Presepe del Museo dei Cappuccini
All’interno del Museo sono inoltre esposte, come tradizione, le statuine settecentesche a manichino della prestigiosa scuola di Anton Maria Maragliano e Pasquale Navone accompagnate da statuine popolari genovesi e napoletane. Incornicia i presepi una rassegna di dipinti di grandi maestri dalla fine del Quattrocento alla seconda metà del XVII secolo ne sono esempio: la Sacra Famiglia di Pittore senese della fine del 1400, Madonna col Bambino e san Giuseppe al lavoro di Ambito di Gerard David (prima metà XVI sec.), e le opere di Pellegro Piola (1617 – 1640), Giovanni Battista Casoni (1610 – 1686), Domenico Guidobono (1668 – 1746), e molti altri.
Presepe artistico dell’Oratorio del SS. Sacramento e San Bartolomeo di Staglieno
Presso l’Oratorio del SS. Sacramento e San Bartolomeo di Staglieno è visitabile il suggestivo Presepe artistico (sec. XVII) con figure del Maragliano e del Navone, di cui vanno segnalate in particolare la qualità dell’intaglio delle figure settecentesche e la ricchezza dei costumi dei Magi e del loro corteo.
(Treviso 18889 – Milano 1947)
Presepio (Grande Presepe), 1926
Ceramica dipinta e invetriata, diam. 45 cm, h. 55 cm
Firmato e marchiato, “Scultore: Martini – Fenice Albissola”
Genova, Galleria d’Arte Moderna
Realizzato alla fine del 1926, con la parte dipinta affidata dallo scultore ai pennelli di Manlio Trucco, fu esposto alla Terza Mostra Internazionale delle Arti decorative, Monza 1927, nell’ “Oratorio ligure” e poi acquistato dallo stesso architetto Mario Labò che aveva realizzato il progetto di quello spazio espositivo. L’opera entrò nelle collezioni del museo nel 1965, con la vendita della ceramica al Comune di Genova da parte di Enrica Labò, vedova dell’architetto.
E’ un pezzo unico – esiste solo un secondo piccolo e assai diverso presepe in ceramica dipinta in bicromia – ed è una straordinaria e aggiornata interpretazione dell’antica scarabattola napoletana.
Questa la scheda più articolata per il museo:
Nel corso della carriera, che si è svolta in buona parte a Vado, in terra ligure, Arturo Martini (Treviso 1889 – Milano 1947) ha dedicato ai temi sacri varie opere in ceramica, cotte nella manifattura “La Fenice” di Albisola o nella fornace dell’ “ILCA” di Nervi, fabbrica di proprietà dell’architetto Mario Labò che molto sostenne e promosse l’attività dello scultore.
Il grande Presepe fu realizzato alla fine del 1926 per l’oratorio ligure presentato all’Esposizione Biennale delle Arti Decorative di Monza del 1927: è una ceramica invetriata e colorata e apparteneva proprio a Mario Labò, dai cui eredi il Comune di Genova l’acquistò nel 1965.
Il Presepe venne cotto alla “Fenice” e Martini affidò la colorazione a Manlio Trucco suggerendo tinte di liquida trasparenza, antinaturalistiche, “indefinibili…rosa, verdi pallidi, azzurri teneri, neri improvvisi e grigi neri che si perdono, bruni forti che si fondono e si legano” per ammorbidire l’essenzialità primitiva delle forme e stemperarne la solida compattezza.
Al presepe Martini riservò un’attenzione particolare e due opere, una versione grande e una piccola: affermò proprio che il “suo mondo” cominciava col presepe, poiché in quel giorno antico era nato “il più vago e misterioso racconto”.
Interpretazione aggiornata della scarabattola napoletana, il grande Presepe concentra i protagonisti della scena sacra su una mezza sfera luminosa (allusione chiara al Golgota e a un destino segnato), recintata, non a caso, anche da tre cipressi. Le loro chiome puntute, colorate di un bianco appena sporco come la mezza sfera, sono in altezza il limite chiaro della scena terrena e argine delle cromie contrastate di tronchi e figure: il bambino in fasce sullo sfondo di una tenda a righe appesa ad un secco albero-croce, la Madonna, triste e rassegnata, San Giuseppe falegname color di tronco, il bove e l’asino.
Sul lato opposto, nell’altra metà di circonferenza, stanno due pastori ai lati e, tra loro, i magi.
“Davanti al tema religioso gli artisti diventano loro stessi personaggi del dramma sacro”, scrisse lo scultore. E l’artista è al di là della tenda, fuori dalla scena, è forse il pastore che suona la cornamusa al gregge, è il testimone d’eccezione e per questo il divulgatore del mistero della nascita del Cristo.