Imperia come la Nazionale
Algoritmi per pronosticare il futuro del Ponente e la capacità dei nuovi sindaci?
E se con Biancheri, Ioculano e, perché no? anche Capacci, finalmente si materializzasse una nuova realtà, tipo “Ponente 2.0”?
E’ la timida speranza di chi osserva il panorama da Cervo a Ventimiglia e dall’Alta Via al mare e una volta tanto decide di far tacere la passione politica per affidarsi alle “algide formulette” dell’informatica.
Una disciplina irrisa da Gramellini quando in un suo beffardo “Buongiorno” svincola una coppia in crisi dalla “dittatura dell’algoritmo” da lui intesa come “previsione statistica che consenta di anticipare i comportamenti umani” ma poi destinata alla fine ad essere fregata dal “coraggio e dalla sana follia della passione che tira un calcio agli algoritmi”.
Ma qui parliamo d’altro, non c’è libido da resuscitare, le performances sotto le lenzuola non rientrano tra le materie di esame e le corna, quando crescono, sono esibite con eleganza.
Davvero di slanci romantici in tutta questa storia ambientata nel Ponente ligure non è rimasta neppure l’ombra e men che meno di passione politica, ammesso che ve ne fosse fin dagli inizi, dubbio che si rafforza tutte le mattine scorrendo le pagine di cronaca, ormai più nera che politica.
Ad essere sincero, l’idea di affidare ad un algoritmo il mio pronostico sulla novità del quadro politico imperiese me l’ha data una capra sul greto dell’Argentina, una presenza che mi ha riportato al lupo e al cavolo da traghettare sull’altra sponda.
L’indovinello è forse il più antico esempio di “Problem Solving” strategico dove sono presenti tutte e tre le condizioni per impostare un algoritmo complesso: chiarezza dei fattori senza possibilità di equivoco, fattibilità concreta delle varie azioni e precisione della loro sequenza temporale.
Soprattutto per Capacci, ma anche per Biancheri e per Ioculano, la mia “algida formuletta” contempla la “condanna” a compiere una serie di mosse precise, concrete e urgenti: lo vuole (ma a sua insaputa) “Ponente 2.0”, una realtà che non conosce appello.
Perché, forse, sono ancora pochi ad essersene accorti, ubriacati come siamo dall’ingannevole mito del giovanilismo imperante, ma i bamboccioni oggi in lista di attesa al check-in del lavoro e della vita dovevano ancora nascere quando quelle mosse fondamentali avrebbero dovuto essere compiute.
Parlo della generazione che mentre nega il replay a politici illusi e distratti chiede alle new entry di essere connessa in permanenza agli sviluppi delle tre fasi dell’algoritmo alla cui soluzione si sono solennemente impegnate.
Il paradosso però è proprio questo, perché l’immediatezza, la velocità e la globalità corale dei social network e delle chat hanno stravolto il rapporto tra cittadino e politico di ultima generazione e introdotto forme di mediazione nuove e originali ma, ahimè! fortemente contraddittorie.
Prima la partecipazione avveniva sulle contorsioni e le fumisterie della politica, adesso la capra, il lupo e il cavolo lo indicano i cittadini con foto e filmati molto più eloquenti delle astrusità compilate, dettagliate, documentate e rendicontate dalla burocrazia però sempre, purtroppo, soltanto controfirmate e ciecamente avallate dagli amministratori eletti.
Il guaio è che oggi l’input partecipativo è come la “sveltina”, un remedium concupiscentiae che placa un diavoletto ma non risolve il problema dell’inferno.
Per Capacci l’inferno è il porto, lo smantellamento industriale e i collegamenti stradali e ferroviari mentre le “sveltine” sono le mense, le frazioni, il degrado urbano e quant’altro.
A Sanremo per Biancheri le “Portae Inferi” sono spalancate ad ogni piè sospinto ma sono troppe e troppo complicate per essere clikkate, postate, twittate, visualizzate, feedate, taggate, selezionate, cercate, commentate dal popolo di “Ponente 2.0”.
Eppure la mia non è ipocondria amministrativa, i problemi esistono, sono identificati e censiti uno per uno senza possibilità di equivoco e la loro soluzione è concretamente fattibile in una precisa sequenza di azioni che non possono più essere rinviate.
La malattia sono loro, le aziende partecipate, il patrimonio costoso e improduttivo, le tante opere incompiute, le mille questioni annunciate e finite nel dimenticatoio, mentre il sintomo è nel binomio “degrado & declino” sul quale ognuno costruisce la propria precisa, concreta e urgente “sveltina”.
Quanto a Ioculano la gatta che è chiamato a pelare è sorniona, lo attende al varco dalle parti degli Scoglietti e della scciùmàira dove sulle scommesse perdute di Scullino si gioca gran parte del futuro di Ventimiglia.
Qui con la storia della ndrangheta diventa difficile destreggiarsi in mezzo ad aspettative sacrosante, a qualche “sveltina” e più trivialmente alle immancabili “marchette” elettorali, più o meno rilevanti sotto i divergenti profili dell’etica e del diritto penale.
Queste in estrema sintesi sono le istruzioni per l’uso che “condannano” i tre neofiti a una specie di strabismo operativo, con un occhio a ciò che “Ponente 2.0” pretende immediatamente e al quale è vietato rispondere no, pena la loro stessa sopravvivenza, e con l’altro occhio rivolto a ciò di cui il medesimo “Ponente 2.0” ha assoluto bisogno, pena la sopravvivenza sua e il suo consolidamento.
Se penso che su iniziativa del Ministero della Pubblica Istruzione si svolgono con successo le “Olimpiadi di Problem Solving, di informatica e di pensiero algoritmico” tra allievi delle classi IV e V della scuola primaria, del triennio della scuola secondaria di primo grado e del primo biennio delle scuole secondarie di secondo grado, non posso nemmeno immaginare una sconfitta di Capacci, Biancheri e Ioculano sul medesimo terreno logico e metodologico.
Ci sono molte altre ragioni per pensarlo, e tra tutte cito per la sua attualità l’esperienza dei Mondiali brasiliani esattamente prevista dal “Soccer Power Index”, l’algoritmo del mago delle presidenziali americane che assegnava all’Italia il 17° posto sulle 32 nazioni partecipanti con lo 0,50% di probabilità di alzare la “Copa”.
Nel nostro caso, come la sapienza Zen insegna, la soluzione è sempre possibile, ma dipende dall’input, cioè dalla inequivocabilità dei dati di ingresso, troppo spesso travisati, manipolati e inquinati per malafede, negligenza e incompetenza e sistematicamente sterilizzati e ingessati dagli apparti burocratici interni.
Sul medesimo problema ci sono sempre versioni diverse, in alcuni casi addirittura opposte e tutto sta a centrare quella giusta uscendo dalla gabbia costruita da tecnici valorosi e da esperti manager che hanno una soluzione per ogni cosa grazie alla regola aurea del “quieta non movere et mota quietare”.
Il porto di Imperia è emblematico: in pochi anni non Caltagirone e neppure i privati di “Imperia Sviluppo” che logicamente suonavano le campane a proprio favore, ma gli apparati pubblici e, ahimè! la stessa magistratura amministrativa hanno detto tutto e il contrario di tutto.
Prima non era opera pubblica benché avvenisse su aree demaniali e in forza di concessione amministrativa, poi è cambiato tutto e si è detto che l’aggiudicazione doveva avvenire a seguito di gara.
Prima si è detto che però si trattava di opera pubblica “speciale” che per le sue peculiarità andava affidata a corpo e “intuitu personae” a un soggetto specializzato nella costruzione di porti e poi si è detto che l’esecuzione avveniva a misura e doveva essere puntualmente rendicontata sulla base di regolari stati avanzamento lavori.
Prima si è detto che però la rendicontazione delle spese poteva aver luogo come mero adempimento formale, cioè, per capirci: a forfait, a babbo morto, a bocca desidera, e via dicendo, e perciò “Lunghi e Boni sono rompicoglioni” e poi si è dovuto riconoscere che quelli consegnati da Conti erano “chiffons de papier”.
Prima la partecipazione comunale all’iniziativa era espressione di creatività amministrativa, remunerativa e senza rischi, e poi arriva l’offerta-burla dalle Isole Cayman e salta fuori una ipoteca sui beni realizzati di cui nessuno sapeva niente.
Ancora di recente, prima si dà l’OK a spericolate forme di eutanasia su presupposti inesistenti o del tutto improbabili, come l’azzeramento dei crediti bancari, il passo indietro di Caltagirone, l’esorcizzazione delle avances dei concessionari dei posti-barca e il taglio lineare dei debiti dei fornitori e poi arriva puntuale il fallimento.
Capacci è lì da un anno e queste cose le ha sperimentate sulla sua pelle, Biancheri e Ioculano no, loro sono seduti da poche settimane e hanno tutto il tempo per far partire i loro algoritmi.
Bruno Giri