Nuova immagine

“Alessandro Magnasco – gli anni della maturità” è una mostra (25 febbraio – 5 giugno 2016) sviluppata sulle opere più belle della tarda produzione di Magnasco, uno dei pittori italiani più interessanti e importanti del suo tempo, che ha precorso aspetti della pittura a lui successiva.

Venti le opere di Alessandro Magnasco (1667 – 1745) radunate dall’eccezionale partnership tra i Musei di Strada  Nuova di Genova e le Gallerie Canesso di Parigi, che avevano già esibito- proprio nel cuore della Francia- 21 opere tra cui “Il trattenimento in un giardino di Albaro”, “Preghiere davanti a una cappella campestre” e “Sant’Agostino e l’angelo”. L’esposizione di eccezionale valore ed arricchita ulteriormente da due preziose opere, 23 in tutto, si sposta così a Palazzo Bianco fino al prossimo 5 giugno 2016 sotto la nuova veste scenica realizzata dal maestro Pier Luigi Pizzi, curatore dell’allestimento. 

LA MOSTRA – La curatela scientifica dell’iniziativa spetta a Fausta Franchini Guelfi, la maggiore studiosa di Alessandro Magnasco, che è stata affiancata nel comitato scientifico da Piero Boccardo -direttore dei Musei di Strada Nuova- e da Maurizio Canesso e Vèronique Damian delle Gallerie Canesso. Come ha rilevato alla conferenza stampa del 20 gennaio scorso Piero Boccardo “sono state riunite due opere che il collezionismo aveva diviso grazie ai prestiti di Palazzo Reale a Pisa e del Louvre (…). Quello concesso dal Louvre “Funerale ebraico” sottolinea la pittura anticonformista e tutt’altro che agiografica di Alessandro Magnasco, che tanto ha giocato, nella sua pittura, sul contrasto tra pennellate luminose di colore e sfondi cupi: una sorta di parafrasi visiva del passaggio tra l’Età Barocca e il Secolo dei Lumi”.
ALESSANDRO MAGNASCO- Artista dall’opera originale, Alessandro Magnasco è stato riscoperto all’inizio del XX secolo ed è considerato, per certi versi, un precursore di Goya (1746-1828), degli Espressionisti, ed uno dei padri del gusto per il fantastico ed il macabro.

Le sue composizioni, percorse da piccole figure in movimento, ci portano ad esempio verso l’arte di Francesco Guardi (1712 – 1793) e dei veneziani del Settecento. Il testamento artistico di Alessandro Magnasco “Il trattenimento in un giardino di Albaro” (Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Bianco) appare come un’eco di poetiche composizioni di Antoine Watteau (1684- 1721) e restituisce un’immagine suggestiva dell’aristocrazia genovese del Settecento.

Come ben ha scritto l’esperta Fausta Franchini Guelfi nel Dizionario Biografico degli Italiani “quella del Magnasco è una pittura senza alcun facile ottimismo né alcuna fiducia che il pensiero e l’umano operare possano rischiarare la paurosa oscurità nella quale le cose sembrano disgregarsi. Trasferitosi infine a Genova, in un contesto quasi totalmente privo di quegli stimoli intellettuali, di quelle aperture culturali e di quelle possibilità di discorso critico che caratterizzavano l’ambiente lombardo, il Magnasco accentuò il suo dissenso e gli accenti corrosivi della sua pittura. Se le radici culturali delle due straordinarie telette La Dissipazione e l’Ignoranza distruggono le arti e le scienze (collezioni private: Franchini Guelfi, 1977, fig. 206) sono certamente lombarde, la raffigurazione allegorica di un’oziosa nobiltà in sfacelo, affiancata dall’asino dell’ignoranza e dalla scrofa della lussuria e circondata da specchi simbolo di vanità, esprime un severo giudizio morale sicuramente riferito all’aristocrazia genovese, che nel Trattenimento in un giardino d’Albaro egli raffigurò nello svolgersi di uno dei suoi consueti riti sociali, nella miniaturizzazione delle figure atteggiate in un modo di vivere indolente e trasognato davanti agli occhi del pittore seduto a terra all’estremità sinistra della scena, rappresentato nel gesto professionale del ritrattista in una posizione di chiaro distacco.”

Giulia Cassini

 

Comments are closed.