LE LORO STORIE
Foto e servizio di Simone Sarchi

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Mustafa ha solo 20 anni, ma sulle spalle porta le sofferenze di un lungo viaggio iniziato 8 mesi fa nel Darfur, storica provincia sudanese piagata da un feroce conflitto iniziato nel 2003. Sulla pelle porta i segni delle violenze subite nelle carceri libiche dove ha passato tre mesi solo perché non aveva i soldi per comprarsi la libertà che ingiustamente gli era stata sottratta da poliziotti corrotti e senza scrupoli. Dopo quella tragica esperienza, arrivarono le minacce del suo nuovo datore di lavoro, un allevatore libico: “O sali sulla barca o ti riporto in prigione.”

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In questo modo è arrivato in Italia attraversando il Mediterraneo, ma in realtà non ci voleva venire. “Non avevo scelta. Preferivo rischiare la morte in mare piuttosto che ritornare in carcere,” confessa Mustafa.
Ora il suo viaggio sembra giunto improvvisamente a un capolinea indesiderato. Si trova, infatti, bloccato a Ventimiglia, città di frontiera tra la Francia e l’Italia, sulla costa ligure. Assieme a lui un centinaio di migranti, quasi tutti subsahariani, la maggior parte sudanesi.

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Mentre i leader europei trattano sulle quote e sul ricollocamento dei richiedenti protezione internazionale senza giungere ad un’intesa, il governo francese ha deciso di adottare una politica dura nei confronti di chi vuole oltrepassare il confine italo-francese non lasciando alcuna speranza ai migranti che sognano un futuro lontano dall’Italia, paese che non ha nulla da offrirgli.
“In Libia – racconta Mustafa – avevo una ragazza. Si è imbarcata alla volta dell’Europa tre giorni prima di me. Un mio amico è riuscito a contattarla. Si trova in Svezia, ma io sono bloccato qua. Non ho alcuna intenzione di fermarmi in Francia, voglio raggiungere la ragazza che amo. Ma come faccio se non posso passare il confine?”
Mustafa ha già provato tre volte a prendere un treno per Nizza, ma tutte le volte è stato fermato in territorio francese dalla polizia e riportato con la forza a Ventimiglia. Avendo speso tutti i soldi in costosi biglietti del treno, ora non ha più soldi neanche per comprarsi da mangiare.

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Ibrahim, anche lui vent’enne e sudanese, è uno dei leader della protesta cominciata appena i respingimenti francesi sono entrati in atto.
“Siamo qui, a qualche decina di metro dal confine, per dire all’Europa che abbiamo il diritto di spostarci liberamente in quanto uomini e cittadini del mondo. Chiediamo ai leader europei – continua Ibrahim – di venire qua a vedere in che condizioni siamo costretti a vivere. Devono trovare una soluzione.” Da dietro, Adam, un ragazzo somalo, urla: “Non siamo animali! Anche gli africani sono persone!”

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Da quando è iniziata la protesta, un gruppo di migranti (circa 200) passano giorno e notte, sulla scogliera a bordo strada davanti al confine. Sotto il sole cocente, si rifiutano di mangiare fintanto che non gli sarà data la possibilità di attraversare ponte St Ludovic che divide l’Italia dalla Francia. “Le soluzioni sono due – spiega Lam, 25 anni, Sudanese –. O aprono la frontiera o rischiamo la vita per raggiungere la Francia a nuoto. Di certo non rimaniamo qua.”
Sul confine l’aria è molto tesa. Sono iniziati gli sgomberi forzati dei carabinieri e le foto della brutalità con cui sono stati portati avanti hanno fatto il giro del mondo. Obiettivo delle forze dell’ordine è trasportarli alla stazione dei treni di Ventimiglia e nel centro di accoglienza momentaneo che stanno preparando in questi giorni in uno dei capannoni affianco alla ferrovia per affrontare l’emergenza. Tuttavia, molti sono i migranti asserragliati sulla scogliera che stanno opponendo resistenza passiva minacciando anche di buttarsi in mare se non lasciati stare.

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Nel frattempo, organizzazioni umanitarie, la Croce Rossa italiana e la Croix-Rouge francese si prendono cura dei migranti, molti dei quali disidratati e in condizioni fisiche precarie, offrendo assistenza medica, acqua, cibo e coperte termiche.
I leader politici dei due paesi continuano un botta e risposta da diversi giorni senza però riuscire a trovare un accordo. Durante un’intervista a radio RMC e BFM-Tv il ministro dell’Interno francese, Bernard Cazeneuve, ha detto: “I migranti non hanno diritto di passare, se ne deve fare carico l’Italia.” La risposta di Matteo Renzi non ha tardato ad arrivare: “Le posizioni muscolari non aiutano […] Nessun egoismo nazionale può chiudere gli occhi.” Anche Angelino Alfano è intervenuto affermando che le immagini dei migranti sulla scogliera a Ventimiglia sono “un pugno in faccia all’Europa”.
Se Renzi, Francois Hollande e David Cameron non troveranno un accordo su come gestire il fenomeno, durante i meeting a Milano, la situazione potrebbe scappare di mano. Nel frattempo, la stazione di Ventimiglia è letteralmente invasa da circa 450 migranti, compreso donne e bambini. Ogni giorno vi sono nuovi arrivi con i treni provenienti da Milano e Roma e per via dei respingimenti francesi.

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Secondo Alessandra Ballerini, avvocato di Genova esperta in diritti umani e immigrazione, questa eccezionalità è dovuta al fatto che la Germania ha ripristinato i controlli ai confini per motivi di sicurezza in vista del G7 di Elmau, tenutosi il 7 e 8 giugno.
“Tutti quelli che passavano dal Brennero – spiega l’avvocato – si sono riversati a Ventimiglia. La conferma arriva dal fatto che la maggior parte dei migranti con cui ho parlato non vuole fermarsi in Francia, ma vuole attraversarla per raggiungere la Germania.”

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Le misure di sicurezza speciali introdotte sui confini tedeschi si sono concluse il 15 giugno, anche se la situazione rimane grave, poco alla volta le classiche rotte illegali dei migranti dovrebbero ripristinarsi, secondo l’avvocato.

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Tuttavia, afferma Ballerini: “il problema a monte rimane il regolamento di Dublino.”
Sostituto di una precedente convenzione del 1990, fu introdotto nel 2003 ed è il principale documento che regola il diritto d’asilo all’interno dell’Unione Europea.
La normativa impedisce di presentare domanda di protezione internazionale a più di uno stato membro, e impone di far domanda nel primo paese in cui lo straniero ha fatto ingresso.

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Ovviamente il regolamento grava soprattutto sugli stati membri di confine e che si affacciano sul Mar Mediterraneo: in particolare Italia e Grecia, al centro delle rotte tra Africa settentrionale ed Europa.
In una nota stampa del 24 febbraio 2015, il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) scrive: “Nel 2014 l’Italia ha visto l’arrivo via mare di 170.000 migranti, possibili richiedenti asilo. Nessun altro Stato membro ha dovuto affrontare nella storia dell’Unione Europea un tale numero di persone.”
Inoltre, il CIR si scaglia anche contro il fatto che il regolamento non prende in considerazione le storie individuali, i progetti di vita e questioni umanitarie fondamentali come i ricongiungimenti famigliari.

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“Nessuno di noi – spiega Mustafa indicando i suoi compagni migranti sulla scogliera – si è fatto registrare in Italia perché conosciamo il trattato di Dublino. Ma non è servito a nulla. Stanno rovinando i nostri sogni e confinandoci in un paese in cui non vogliamo rimanere. Non c’è lavoro o possibilità di studiare. In più molti vogliono raggiungere amici e famigliari in nord Europa.”
L’avvocato Ballerini, infine, spiega che “la Francia si sta comportando male”.
“In realtà – spiega – anche se i migranti fossero stati identificati in Italia, il governo francese avrebbe dovuto accoglierli e poi fare le verifiche del caso. Non può fare respingimenti collettivi contro i più deboli alzando il manganello e schierandosi alla frontiera.”

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Secondo l’avvocato la situazione tornerà alla normalità solo quando le vie verso la Germania ricominceranno a veicolare la maggior parte dei migranti. In questo modo la Francia si sentirà meno minacciata dal flusso e riaprirà le frontiere.
Una giornalista francese si guarda intorno esterrefatta: “Noi siamo un popolo molto orgoglioso. Ma ora non c’è nulla di cui essere fieri. Oggi mi vergogno di essere francese.”

Simone Sarchi

 

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