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La protagonista:

Avevo l’abitudine di dormire solo con una maglietta leggera di cotone, non indossavo altro; le
mie notti insonni, non mi consentivano certo lo sfoggio di altri indumenti più impaccianti anche se,
forse, più utili soprattutto durante le notti invernali.
«Ehi!»
Da un po’ di tempo facevo sogni strani, quei sogni di cui al mattino non dovresti avere più traccia.
«Ehi, Carmela!»
Parlandomi nel sogno, cominciò a possedermi, a girare nella ferita il coltello del cancro che iniziò
a divorare il mio corpo.
Era il Male, il Malefico!
Pensava di potermi avere, di distruggermi, non sapeva che avrebbe trovato pane per i suoi denti.
Iniziò così una lotta che dal mio borgo assolato sui Faraglioni del mare siciliano mi avrebbe portato
a conoscere la nebbia di Milano, la realtà di chi vuole sopravvivere nei grigi reparti di oncologia.
La mia forza d’animo ed il mio nuovo Compagno mi aiutarono nella lotta senza esclusioni di colpi
contro il Cancro; incrociare le spade contro il Diavolo nello splendore della costa mediterranea
degli anni settanta!

Sarei riuscita a fermare le pale del mulino a vento che voleva piegarmi, avrei dato a Sancio Panza la
possibilità di soccorrermi?
Il Bene avrebbe piegato il Male?
Avevo uno Scudiero fortissimo: l’Amore, chi altri, e la gioia di vivere, comunque!​

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Una prefazione dell’autore:
“Conobbi Carmela grazie ad un cugino distratto; mi disse:
«Parlando con un’amica è venuto fuori il tuo amore per la scrittura; mi ha detto subito che le
sarebbe piaciuto raccontare le sue vicissitudini in un romanzo, condividendo le tante esperienze
passate perché potessero diventare un aiuto al prossimo; pensi di poterle dare una mano?» Quel
pourparler mi incuriosì e la sera stessa chiamai l’amica di Giacomo. Ricordo l’imbarazzo di
entrambi; non è facile dire ed ascoltare storie complicate e drammatiche, anche se l’essere perfetti
sconosciuti ci aiutò non poco.

Ci sono molte frasi che pronunciamo in discorsi che il più delle volte lasciano il tempo che
trovano, altre a cui diamo più importanza e su cui discutiamo per riporle nei cassetti della memoria;
Carmela mi raccontò della sua grave forma tumorale, delle operazioni chirurgiche che aveva patito,
dei lunghi periodi di cura e riabilitazione e dei conseguenti problemi familiari; nella convinzione
che tutto quello che aveva subito fosse un dono, nel raccontarmele usò un modo e un tono che mi
colpirono profondamente, rimarcando ulteriormente la sua grande forza e serenità d’animo.
Ci siamo sentiti alcune volte per telefono; ci siamo scritti diverse e-mail sufficienti per alcune
righe di appunti e poi succede; si, succede, piano piano l’interesse si accende e se si riesce a condire
le parole in modo che la pietanza risulti gustosa, ecco, il pranzo è servito!
Io adoro scrivere ma non mi era mai successo di farlo al femminile e addirittura in prima persona;
del mondo complicato delle donne ho avuto maniera di occuparmi spesso, ma entrare nell’intimit
più nascosta è altra cosa; entrare nel dolore personale è un’altra cosa ancora.
Riflettendo sullo sviluppo del romanzo, aprendo alcuni di quei famosi cassettini, mi venne in
mente che tempo fa ebbi il privilegio di vedere Rossella Falk al teatro Bellini di Catania, splendida
Ersilia in Vestire gli ignudi di Pirandello; pensai che anche Carmela è stata costretta ad accettarlo
per anni di essere chi non fosse in realtà, ma che poi, al contrario della protagonista Pirandelliana,
con la forza dell’essere donna, madre e sposa, trova i vestiti da indossare per non soccombere e,
conquistando la scena, inizia a vivere come le maschere del teatro classico, rappresentando ogni
giorno commedia e tragedia, gioia e dolore, il bene e quel male perfidamente gentile.
Carmela ha lottato e lo sta facendo ancora, non si è mai rassegnata.

Non l’ho ancora incontrata personalmente, chissà in quale luogo del mondo sta vivendo il suo
tempo e comunque, è scattata l’empatia necessaria per completare insieme e rendere realizzabile il
suo desiderio: aiutare chi come lei è caduto nel profondo pozzo dello sconforto e del dolore e cerca
incessantemente la forza per uscirne affrontando una vita nuova.
Ho voluto impostare il racconto con i tempi e le pause delle pagine di un suo diario, stando molto
attento però a non cadere nella trappola del possibile feuilleton; per questo ho chiesto aiuto anche ad
una voce narrante oltre a cercare un dialogo improbabile fra due entità astratte: il Bene e il Male, la
maschera che ride e quella che piange… Gesù Cristo e il Malefico, facendo chiudere il racconto da
una protagonista positiva, pronta ad accettare ma anche pronta a voler vivere con gioia la sua
esistenza. ​

La storia della “passione letteraria” di Scorzelli Lucio
“Per sua fortuna” nasce a Venezia il 15 marzo del 1953, una città che lo ha influenzato profondamente e
che ancora lo emoziona. Dal 1955 vive a Oneglia, sul mare, nel casale di famiglia fra le colline della Riviera
dei Fiori. Ha vissuto per dieci anni a Roma e per un lungo periodo a Capo Mulini davanti ai faraglioni di Aci
Trezza, il paese dei Malavoglia di Giovanni Verga uno dei suoi autori preferiti insieme a John Steinbeck e a
Edgar Lee Masters per citarne alcuni. Già elicotterista della Marina Militare, successivamente imprenditore e
libero professionista. È sposato da più di quarant’anni con Sabrina, conosciuta nella bella Messina. Ha un
figlio, Alessio Filadelfo, adolescente e pallanuotista, arrivato in tarda età, che gli ha rinvigorito la gioia di
scrivere. Autore versatile: racconti, fiabe, articoli giornalistici, poesie. “Scrivo della realtà romanzando la
storia, ho sempre amato farlo per poter fotografare con le parole i miei pensieri!”

Nel 1971 appena diciottenne, per la prima volta, partecipa al concorso letterario nazionale di Adelfia,
collezionando la sua prima menzione speciale della giuria. Per sua scelta, solo ultimamente ha ripreso a
confrontarsi in varie manifestazioni culturali ottenendo ottimi riscontri: “Penne d’Autore” di Torino, “Premio
Lupo” di Roseto Valfortore, “Alda Merini “di Como. Con il romanzo “Giarrettiere, Balilla e braghe di tela “
ha partecipato al concorso “Generale Amedeo de Cia” per testi e romanzi storici-militari di Belluno.
La sua antologia storico-popolare “Giarrettiere, balilla e braghe di tela” è la storia di una famiglia romana
dall’ avvento del fascismo con i fasti iniziali e le successive tristezze e i lutti, fino al dopoguerra, pieno di
gioia di vivere. Gli anni sessanta, quelli delle olimpiadi, dello sviluppo economico, dell’avvento dei Beatles.
Questo libro, gli ha consentito di farsi conoscere e apprezzare sia a livello nazionale che europeo, premio
speciale e menzione d’onore al concorso “Giovane Holden” di Lucca per un racconto tratto dal
romanzo.

Col romanzo: “Solo per un attimo”, si è cimentato nel racconto passionale comunque sempre connesso in
profondità con la storia più recente. La narrazione inizia descrivendo la violenza subita dalla protagonista
durante l’occupazione nazista di Parigi, fino ad arrivare alla calda estate del 1963 fra la Toscana, la Riviera
dei Fiori e la costa meridionale francese. Grande successo di pubblico e menzione d’onore – premio speciale
della giuria al concorso nazionale del Casinò di Sanremo del 2015. Romanzi editi da Lampi di Stampa,
Milano.

Dal 2016 con grande onore è stato nominato Poeta Federiciano.
Premio speciale della giuria al concorso di poesia della cultura Mediterranea di Imperia 2016. Nel 2017
per il terzo anno di seguito si è aggiudicato il premio speciale della Giuria al concorso internazionale di
poesia Ossi di Seppia di Arma di Taggia.
In edizione locale il romanzo ” Sciarada “, secondo di una serie fortunata iniziata con ” Solo per un attimo”
Una lunga pausa e poi: Il male gentile, l’ultima sua opera.​

 

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