Si chiude domenica 27 settembre alle ore 20:30 esclusivamente online con accesso libero (diretta Facebook su https://www.facebook.com/festivalmusicaledelmediterraneo e sul canale YouTube di Itinerari Paralleli) la 29esima edizione del Festival del Mediterraneo intitolato alle EuroAmeriche con la prima italiana “SUONI, VOCI ED IMMAGINI DA LA BESTIA, TRENO DE LA MUERTE” presso l’Area Archeologica dei Giardini Luzzati. L’evento, realizzato in sinergia con Ripercussioni Sociali e il Ce.Sto, unisce idealmente Messico, Perù, Italia e Francia con diverse figure artistiche (X.Ezeta, J.Guillemard, M.Gutierrez, O.Manzano Anorve, Inti Medina, Aka Oni).

“Abbiamo scelto appositamente l’Area Archeologica dei Giardini Luzzati – spiega il direttore artistico del Festival, ideatore e regista del progetto Davide Ferrari – perché è l’ambiente naturale, con il suo sapore arcaico ed ancestrale, che si presta a un allestimento dal sapore essenziale. C’è un particolare suono di risonanza, ci sono riferimenti ai materiali come la passatoia in ferro che rimanda con il suo snodo e la sua fisicità ai convogli metallici del treno”.

La serata è infatti dedicata al El tren de la muerte, una rete di treni merci messicani che vengono utilizzati dai migranti diretti negli Stati Uniti per attraversare più rapidamente il Messico, nota anche come La Bestia o El tren de los desconocidos. Si stima che ogni anno tra 400.000 e 500.000 migranti, la maggior parte dei quali provengono da El Salvador, Guatemala e Honduras, viaggino in cima a questi treni nel tentativo di raggiungere gli Stati Uniti con rischi elevati: molti passeggeri perdono la vita o riportano lesioni che limitano la loro capacità di lavorare. A partire dal 9 maggio 2014, gli operatori ferroviari hanno vietato ai passeggeri di viaggiare in treno, ma a metà aprile 2019 il Rev. Alejandro Solalinde, un attivista di lunga data per i diritti dei migranti, ha notato un cambiamento: “Stanno salendo di nuovo sul treno. Questo è un dato di fatto”.

Lo spettacolo unisce tradizione e contemporaneità euro-messicana, visual art ed elettronica, recitazione, musica e danza con diversi giovani artisti concentrati su percussioni, voce, danza e immagini.  La storia narrata viaggia principalmente sul doppio binario madre-figlio: si racconta attraverso gli occhi e le parole di una mamma il momento in cui i capi di una gang locale vanno a cercare il figlio perché ne faccia parte senza dargli via di scampo. Da qui la presa di coscienza della fuga come unica e rischiosissima possibilità. Un excursus sull’angoscia della donna e sulle tappe dell’avventura del giovane in cui si respira il pericolo costante, la tensione, tagliata da flash narrativi che riguardano “las patronas”, la vita delle madri che lanciano cibo e acqua sui vagoni merce dove, in equilibrio precario e in condizioni disumane, viaggiano i migranti nella speranza di arrivare oltreconfine. Una testimonianza fondamentale in un momento in cui si parla di migrazioni, tolleranza ed accoglienza.

“Malu Gutierrez, peruviana, che ha scritto il testo è stata all’incirca per sei mesi in questi territori con ‘las patronas’ facendo attività di volontariato e assistendo i migranti – denota Davide Ferrari- lo stesso vale per tutte le figure coinvolte, connesse direttamente o indirettamente con quelle realtà. Le direttrici su cui si muove lo spettacolo sono sicuramente il ritmo, ottenuto dalle voci, dalle musiche e da Olmo Manzano Anorve con una serie di cajon (percussioni d’origine peruviana scelte perché la sequenza dà l’idea ancora una volta dei vagoni) e poi l’equilibrio descritto dall’acroyoga di Ximena Ezeta. Quest’ultimo elemento è imprescindibile e si può intendere come equilibrio fisico (i migranti viaggiano sul tetto dei vagoni merce con grande fatica e precarietà) e personale, mentale, di intraprendere il salto della vita, irto di complicanze e di incognite.

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