Il volto di Gesù in copertina, intervista a Pierpaolo Capovilla
Il 15 aprile in concerto con i Cattivi Maestri a Imperia presso la Talpa e l’Orologio, ore 22.00
di Francesco Basso
Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri, canzoni belle, sofferte, che esprimono l’insofferenza e il disagio verso un mondo spesso disumano.
Pierpaolo, c’è una sorta di filo rosso, di ricerca, che lega in modo indissolubile i tuoi lavori passati e possiamo dire che se prima era un “Teatro degli Orrori”, ricordando il mitico gruppo del passato, ora è più marcatamente un “Teatro del dolore”, come rispecchia anche la copertina dell’album dove è raffigurato il volto di Cristo. Come mai questa scelta della copertina che in questo periodo pasquale forse acquista ancora un qualcosa di più simbolico?
PpC_ Non posso che trovarmi d’accordo con la tua considerazione. Un Teatro del Dolore. Pasolini, ne “La Religione del mio Tempo” scrisse “tutto mi da dolore, questa gente, che segue supina ogni richiamo da cui i suoi padroni la vogliono chiamata, adottando, sbadata, le più infami abitudini di vittima predestinata”. Aveva visto giusto, Pasolini. Il conformismo e il consumismo più sfrenati del boom economico presero repentinamente il posto dei valori resistenziali. Ed eccoci qui, in quest’oggigiorno, increduli e mille volte più schiavi di un sistema di cose che ci porterà alla catastrofe. Di che deve parlare, dunque, la canzone popolare, cosa deve raccontare, se non questa deriva? Il volto di Gesù in copertina, rammaricato e sofferente (opera di Vasco Hadzovich, giovane pittore Romanì) l’ho voluta e pretesa proprio per questo, per significare lo stato di cose nel quale un popolo, il nostro, che si dice cristiano, in realtà ha rinnegato e rinnega i valori del Vangelo, se ne infischia del Vangelo: ottuso e intrappolato nei suoi egoismi quotidiani, si è abituato a tutte le ingiustizie immaginabili, in un processo dialettico tanto elementare quanto mistificatorio: se così è, è perché deve esserlo.
Canzoni davvero intense, tutte da ascoltare e da scoprire, se sentiamo “La Guerra del Golfo” per esempio c’è un grido di dolore verso che guarda la tv solo come passatempo, tra un varietà e l’altro, senza la consapevolezza, questo vale anche per i social. Che mondo è quello di oggi e veramente la musica è un antidoto contro questo orrore?
PpC_ Certo che sì. Più che di musica io parlerei di canzone popolare. La canzone popolare ha un compito politico grande e significativo, perché contribuisce all’edificazione dell’immaginario collettivo. E lo fa in ogni caso, anche quando mente, inganna e impoverisce l’ascoltatore. Noi possiamo scrivere canzoni nel segno dei valori politici, come in quello dei disvalori del disimpegno. Ad ognuno la sua scelta.
Canzoni crude, come sempre, ma poetiche come sempre, quindi una curiosità, che forse nei tuoi precedenti lavori non c’era, come mai il Parental Advisory sopra la copertina?
PpC_ Non ne ho la minima idea… Ma non mi dispiace ci sia. Cari genitori, state attenti, ci sono in giro cattivi maestri che possono insinuare nella testa dei vostri figli parole e emozioni perigliosissime, come la fratellanza, la sidarietà, l’amore per tutte e tutti, da qualsiasi parte del mondo siano, in una parola, il socialismo.
Il 15 aprile alle ore 22.00 sarai con i Cattivi Maestri alla Talpa e L’orologio di Imperia, puoi darci qualche anticipazione della vostra esibizione? Come sta andando il tour?
PpC_ Ci siamo abituati a suonare sempre la stessa scaletta, per riuscire a far emergere tutte le possibili automazioni performative. Ma è sempre diverso il concerto, imprevedibile… perché un concerto non lo fa solo chi si pavoneggia sul palcoscenico, ma anche il pubblico, con la sua forza esistenziale, le sue aspettative, il suo affetto.
Ci spiegavi il tuo rapporto con il pubblico, fare le canzoni per te è come donarti, dare la tua arte ed espressione alle persone. Condividere oggi come oggi quindi è molto importante?
PpC_ È l’unica cosa da fareSe la canzone non fosse “dono”, il gioco non varrebbe la pena d’esser giocato.
Complimenti come sempre per la tua grande verve artistica, vediamo sempre che la musica e il teatro, la tragedia che si fonde con la melodia, sono sempre presenti in te. Progetti futuri?
PpC_ Entreremo in studio di registrazione probabilmente a metà maggio, e incominceremo ad avventurarci nel secondo album, che vorremmo ancor più radicale e massimalista del primo. Nel frattempo pubblicheremo un nuovo singolo, un sette pollici con due canzoni che sono due nomi propri, “Giancarlo” e “Salvatore”, sul tema delle morti sul lavoro, un tema che è uno scandalo sociale di proporzioni ormai insopportabili. Due nomi propri per ricordarci che coloro che muoiono sul lavoro sono persone in carne ed ossa, non numeri, non sterili dati statistici. In copertina ci sarà la crocifissione di un operaio, un’opera originale di Carlo Soricelli, pittore e scultore bolognese, fondatore dell’Osservatorio Nazionale Caduti sul Lavoro.