La letteratura ha bisogno di “Medici”
Matteo Strukul si racconta
intervista di Francesco Basso
I Medici, la triologia storica di Matteo Strukul è un successo internazionale. Sono state superate le 150 000 copie vendute ed è stato tradotto in 14 lingue.
Noi de L’Eco abbiamo voluto fare una doverosa chiaccherata per raccontare la sua esperienza letteraria.
I generi che ti hanno sempre contraddistinto sono il noir e l’action thrilling, come mai adesso un romanzo storico?
E’ vero, i miei lavori passati erano contraddistinti da una buona dose di noir e azione ma la passione per la Storia è stata sempre presente nel mio dna. Il mio terzo romanzo La giostra dei fiori spezzati (nella collana Omnibus di Mondadori) è un thriller ambientato nella Padova del 1888, e l’assassino che agisce è stato paragonato dalla critica una sorta di spietato Jack The Ripper. Amo il genere cappa e spada e mi ero accorto che in Italia ancora nessun italiano aveva affrontato in letteratura un argomento così bello e avvincente come quello dei Medici. Gli stranieri come sempre mostrano molta attenzione per la nostra cultura, anche noi dobbiamo fare la nostra parte.
Ci sono altri personaggi storici di cui ti vorrai occupare?
Sto scrivendo per Mondadori un romanzo su Casanova, vorrei dare a questo personaggio una visione più romantica e inedita, parlando appunto del suo lato più avventuroso, di spadaccino letterato e alchimista piuttosto che seduttore.
La Storia è presente anche nei videogiochi, Assassin’s Creed ne è un esempio, cosa ne pensi del connubio letteratura e videogame?
Il film che hanno fatto recentemente su Assassin’s Creed non mi è piaciuto, mentre il videogioco è bellissimo. Non ho apprezzato la pellicola proprio perché ci sono poche ambientazioni storiche, poca fedeltà dei personaggi, mentre nel gioco è la Storia ad essere la matrice fondante. Quindi sì, sono d’accordo pienamente all’utilizzo della Storia nei videogames.
Parlando di Assassin’s Creed viene in mente anche un altro aspetto fondante delle tue opere, e cioè l’azione. Uno dei tuoi personaggi più “adrenalinici” è Mila, protagonista vendicativa che ha riscosso molto successo anche all’estero. Mila simboleggia una sorta di necessità di rivalsa della donna contro un machismo maschile troppo supponente.
Mila è un personaggio che mancava nel pulp. La figura della donna vendicatrice l’aveva inserita già Tarantino in Kill Bill, da noi questo processo non c’è stato. In Italia una grande autrice Fantasy che stimo moltissimo, Licia Troisi, diede importanza e dinamismo alla figura della donna che nei suoi romanzi è la vera protagonista. Licia Troisi era l’unica, o una delle poche scrittrici ad aver fatto questa operazione. Così mi è sembrato giusto che anche la donna, come l’uomo, aveva il diritto a diventare una sorta di giustiziere.
Vedremo Mila sul grande schermo?
E’ un personaggio molto iconico, che si presta totalmente alla rappresentazione, infatti nel 2011 uscì la sua trasposizione a fumetti in Red Dread: Mila, Delta macchiato di sangue, il romanzo illustrato da Alessandro Vitti.
Oltre a essere scrittore, sei un traduttore. In cosa consiste?
La mia attuale professione è il romanziere, al momento non avrei proprio il tempo materiale di tradurre. Prima traducevo fumetti come L’orrore di Dunwich di Joe Lansdale e Peter Bergting.
Tradurre è una sfida affascinante, un ottimo esercizio per migliorare il proprio stile di scrittura. Tradurre da possibilità di meticciare la propria tecnica, di ottenere soluzioni vincenti proprio grazie all’utilizzo di un’altra lingua. Penso al grande Alan Altieri, oltre a essere uno scrittore e sceneggiatore di fama internazionale, è il traduttore dei romanzi di Martin, Il Trono di Spade. Studiare le differenti soluzioni linguistiche arricchisce il bagaglio dell’autore, dando una gusto action alla parola.
Entriamo dentro il pulp con Sugar Pulp.
E’ un movimento letterario ed è anche un festival, di cui sono tra i fondatori. Pensiamo alla grande letteratura popolare, a Flash Gordon e Conan il barbaro, nati in riviste pulp americane. Tarzan, Zorro sono devastati da un punto di vista iconografico. Il pulp è un gusto, è un modo di raccontare, è uno stile sopra le righe, alla guascona.
Alla fine Tarantino e Rodriguez sono fautori di un altro genere, che è una succursale del pulp: la exploitation.
Il pulp viene da molto prima, dai romanzi in Inghilterra, dal Penny dreadful (terrore per un penny), o dal feuilleton, il romanzo a puntate.
In Italia a riscoprire il pulp in Italia è stato Ammaniti, il suo “Fango” è stato fonte di ispirazione per il mio lavoro. Con “Anna” invece raggiunge i vertici della distopia, altro genere davvero interessante. Ammaniti è un autore letterario, le sue storie molto cinematografiche hanno un dosaggio pulp. veramente lodevole.
Per scrivere bisogna leggere tanto. In Italia però sembra risultare da alcuni dati che ci siano più scrittori che lettori.
Cosa consiglieresti a chi si avvicina alla scrittura.
Leggere non è sufficiente, non tutti sono scrittori, ci vuole un certo tipo di talento. Serve grande disciplina, umiltà e tantissimo studio. Costruire un proprio mondo narrativo e saper collegare il proprio personaggio. Non bisogna mai accontentarsi. Avere rispetto per l’editor e per chi fa la copertina, essere meno autoriali ma più altruisti.
Ho rispetto degli editor, si dice che Carver non sarebbe stato Carver senza il suo editor.
Lo scrittore è una professione a tutti gli effetti. Ci sono medici e avvocati che sono anche grandi scrittori. Giancarlo De Cataldo per esempio è un magistrato, però è anche un grande scrittore. Puoi fare un altro mestiere ma devi essere comunque legato alla scrittura in modo intimo, e non sempre succede.
Bisogna curare il proprio stile, la scrittura non deve essere improvvisazione.
Credo anche che la letteratura debba essere un bene condiviso, accessibile a tutti.
Bisogna vendere la cultura a un prezzo giusto, affinché tutti ne possano usufruire, bisogna credere nella ricchezza della cultura.
Senza cultura sono minati gli stessi generi letterari. Infatti in Italia fantascienza e distopia non vanno più di moda, a meno che ci si metta una pomposa storia d’amore dentro.
La fantascienza tornerà in auge solo quando uscirà un romanzo che la saprà rilanciare. Gli editori preferiscono rischiare solo quando sono veramente sicuri. All’estero, con Hunger Games si è voluto rischiare e si è rivelata questa una mossa vincente. Anche in Italia succederà così, me lo auguro.
Bisogna saper rischiare. Il distopico in Italia sarebbe un successo, la realtà che tutto il mondo sta vivendo oggi è distopia pura.