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Difficile racchiudere venticinque anni di avanguardie da Chagall a Malevich (tra l’altro il 2015 è proprio l’anno celebrativo di Malevich, tanto che la Gamec di Bergamo gli dedicherà una retrospettiva dal 2 ottobre al 17 gennaio 2016 ) e in definitiva quella che è stata una vera e propria rivoluzione in una mostra puntando anche molto sull’effetto scenico ed allestivo, che poi è un tratto tutto peculiare della totalità delle esposizioni allestite al Grimaldi Forum monegasco. Una scommessa comunque a dir poco superata, in un viaggio virtuale su ben 150 opere che ha, ai due capi estremi della matassa, due date emblematiche, cioè il 1905 e il 1930: fu di fatto nel gennaio 1905 la prima rivolta del popolo di San Pietroburgo, la “domenica di sangue al Palazzo d’Inverno” che avrebbe radicalmente cambiato quel mondo, e avvenne nel 1930 il suicidio presunto o comunque la scomparsa del trentasettenne Majakovskij, il poeta di tutte le avanguardie, segnando la fine di un’avventura fuori dal comune e singolare, se volete la tomba dei sogni e delle utopie.

E’ poi questa riabilitazione dell’arte messa al bando da Stalin l’iniziativa più significativa tra le molte previste nell’ambito dei programmi promossi per l’Anno della Russia nel Principato di Monaco. “Da Chagall a Malevich, la rivoluzione delle avanguardie” a Montecarlo fino al prossimo 6 settembre ambisce dunque a ritrarre una quarantina di artisti che testimoniano non solo gli sconvolgimenti sociali ma anche quelli da loro stessi prodotti in un universo pittorico chiuso da secoli nell’accademismo e destinato a sfociare in nuovi grandi movimenti.

Sono Altman, Baranov -Rossiné, Bourliouk, Chagall, Checvtchenko, Larionov, Lébédev, Lentoulou, Lissitzky, Machkov, Malevich, Mansourou, Matiouchine, Médounetski, Mienkov, Morgounov, Oudaltsova, Peusner, Popova, Pougny, Rodtchenko, Stenberg, Tatline, Yakoulov, per citarne alcuni. Per metterli tutti insieme si è dovuto ricorrere a prestiti eccezionali: Museo Puškin e Galleria Nazionale Tretyakov di Mosca, Museo di Stato Russo di San Pietroburgo, Museo Nazionale di Belle Arti di Novgorod, Centre Pompidou di Parigi, Museo Nazionale di Arte Contemporanea di Salonicco e Museo Thyssen di Madrid, oltre importanti collezioni private.

kazimir-malevich courtesy ufficio stampa

FOCUS- Il Malevich Cubo-Futurista è il punto nodale di tutta la rassegna, con indiscussi capolavori, tra cui giustappunto di Malevich il trittico “Quadrato Nero, Cerchio Nero e Croce Nera” (1923-1925) dove il nero rappresentava il “segno dell’economia e il bianco l’azione pura”, “Autoritratto” (1908) in cui, come scriveva lo stesso autore, “avvampano colori di tutte le tonalità, il cervello brucia, si infiammano i raggi dei colori che incedono rivestiti dalle tinte della natura”, “Gli sportivi” (1928-1932), dove si inferisce l’alto livello di commistione con il panorama artistico internazionale, visto grazie ai collezionisti moscoviti Segej Schukin e Ivan Morozov.

Il visitatore così gradualmente entra in confidenza con l’Astrattismo radicale, col rigore geometrico del Suprematismo, con il Raggismo fondato da Michajl Larionov e Natalja Gonarova a partire dalla suggestione dei raggi X o il Cubofuturismo dove i materiali e le loro peculiarità determinano le forme. Le intuizioni geniali si susseguono senza soluzione di continuità, i movimenti si sovrappongono e si giunge anche innanzi ad altri pezzi miliari della storia dell’arte come la ricostruzione (dei modelli di Tatlin non resta alcun originale) del “Modello per il Monumento alla Terza Internazionale”(1919-1920), ideato da Tatlin in legno con due spirali coniche su asse centrale a dar luogo a quattro volumi geometrici, nell’autoevidenza della costruzione spaziale che doveva richiamare le ziggurat dell’antichità.

Una grande mostra da non perdere che punta anche al largo pubblico con l’introduzione del selfie artistico!

Giulia Cassini<7cite>

 

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