“Tutto ciò che William Klein fa è al servizio di una voce che afferma quello che secondo lui è il sentimento alla base di una giusta causa: il diritto di espressione. Una voce che gli anni non hanno soffocato né attenuato” Robert Delpire

 

C’è una sottile linea d’ombra che attraversa e deborda dalla figura di William Klein  raccontata dal 17 giugno all’11 settembre 2016 a Palazzo della Ragione Fotografia di Milano: è una visione ricca di ambiguità e senza nessun timore quella che esce fuori con prepotenza dal suo articolato percorso artistico, una carriera partita dalla strada e fiera delle origini, una maturazione sofferta iniziata oltre sessanta anni fa proprio a Milano. Genio innovatore e trasgressivo della fotografia internazionale, William Klein nella sua vita ha praticato di tutto, dalla grafica alla pittura, alla fotografia, al cinema, alla scrittura. La rassegna, curata da Alessandra Mauro, promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo della Ragione, Civita, Contrastoe GAmm Giunti, con il patrocino del Consolato Generale degli Stati Uniti a Milano, presenta oltre 150 opere originali, alcune delle quali di grande formato, tutte provenienti dall’ archivio personale del fotografo, accompagnate da nuove installazioni espressamente concepite per questa esposizione, ma anche da estratti dei suoi filmati, da alcune gigantografie e da una selezione delle pellicole che ha diretto. L’allestimento è realizzato da Migliore + Servetto Architects.
LA MOSTRA - La mostra è resa fruibile e facilmente comprensibile dalle nove sezioni allestive muovendo dalle prime opere astratte (allora faceva parte della corrente hard edge) fino alle ultime produzioni con le famosissime commistioni tra pittura e fotografia che lo hanno fatto conoscere anche a chi l’arte la segue per sommi capi. A coronamento l’ultima sezione quella dei Film, dove viene proiettato un estratto di circa trenta minuti sulle principali pellicole che ha diretto ( ad esempio Broadway by Light, 1958, Muhammad Alì The Greatest, 1964-1974,Eldridge Cleaver, Black Panther, 1970, e The Little Richard Story, 1980, Loin du Vietnam, 1967, Qui êtes-vous Polly Maggoo?, 1966,Le couple témoin, 1976, In and Out of Fashion, 1994 e Le Messie del 1999) . Tra questi due estremi si assapora tutto il gusto di un Klein che lavora con la macchina fotografica come un etnografo: tratta i newyorkesi che ritrae nella metà degli anni Cinquanta come un esploratore avrebbe trattato uno zulu, sono sue testuali parole. Ma è Roma che gli dà tutto, lavorando con Fellini e con Pasolini. Tra la fine degli anni Cinquanta e l’ inizio degli anni Sessanta è sotto contratto con Vogue USA per realizzare delle fotografie di moda. Grazie a questo incarico diventa più solido economicamente e può dedicarsi con più costanza alle sue ricerche artistiche. Sono poi gli anni Novanta a consegnare Klein alla celebrità, con un connubio inedito tra pittura e fotografia, a coronamento di un percorso che lo ha visto in Russia a Mosca tra il 1959 e il 1960, a Tokyo nel 1961 e per la maggior parte degli anni a Parigi.
Giulia Cassini
IL FOCUS DI DOMENICO PIRAINA - “Lascia perdere i musei e le gallerie, pensa solo alla strada”. Con queste parole Fernand Léger indicò a un giovanissimo William Klein il suo destino. Un destino da ribelle, anticonformista, antiperbenista, che volle, fortissimamente volle, infrangere le regole assiomatiche della fotografia. Obiettività, eleganza, misura, discrezione, distanza: queste erano le regole dell’immenso Henri Cartier-Bresson, “l’occhio del secolo”; regole che erano diventate il canone e che si riassumevano nel celebre “momento decisivo”, quello perfetto, in cui tutto sta, per un solo istante, in perfetto equilibrio: l’assoluta, l’iperuranica perfezione. Ma la vita, la strada non sono quasi mai così perché c’è anche lo squilibrio, l’imperfezione, il contrasto. Nel clima culturale degli anni Cinquanta, caratterizzato dalla poetica dell’informale, figlio di una guerra che ha mostrato l’uomo nella sua immensa ferocia, che rivaluta il brandello, il frammento, l’effimero, il precario, la macchia, l’in-forme, a Klein sembrava inattuale vedere il bell’ordine del mondo colto nel “momento decisivo”. Al razionalismo cartesiano contrappone il dionisiaco nietzschiano, alla bellezza ideale raffaellesca la bellezza reale caravaggesca. L’inosservanza delle regole della fotografia è legata alla nuova poetica; non foto pulite, nitide, quasi cliniche ma foto mosse, granulose, sfocate; non l’obiettivo 50mm ma il grandangolo; non la distanza mala vicinanza, una prossimità che ti sembra di essere lì, in mezzo alla vita che scorre sotto la macchina fotografica. Tutto questo è evidente nel reportage su New York, da cui viene fuori una Big Apple troppo brutta, troppo squallida, che i newyorchesi stessi rifiutano persino di vedere. Non è una New York obiettiva, certo, ma è la New York come la vede Klein, semplicemente a modo suo. Non sarà bella la sua New York, ma è vitale, piena di energia. Nel suo peregrinare di urban photographer analizzerà Roma, Tokyo, Mosca, Parigi. Di ognuna ha interpretato lo spirito del luogo, il suo timbro più autentico, il genius loci, come sono soliti fare gli etnografi. Lo ha fatto guidato sempre dalla sua stella cometa: la libertà, quella autentica di un eterno ribelle che vuole soltanto vedere il mondo a modo suo e che, per la forza esplosiva dei suoi scatti, diventa un po’ anche la nostra.D.P.

 

 

L’ARTISTA- William Klein nasce a New York nel 1928 da una famiglia ebrea d’origine ungherese. Interrotta l’università, passa due anni nell’esercito e si stabilisce a Parigi per diventare pittore. Il secondo giorno a Parigi, incontra Jeanne Florin che diventerà sua moglie e la sua principale collaboratrice. Nei primi anni Cinquanta Klein crea una serie di pitture murali cinetiche per alcuni architetti italiani. Di ritorno a New York, nel 1954 lavora a un“diario fotografico”che uscirà due anni dopo in un volume disegnato dallo stesso Klein: Life is Good & Good for You in New York (Prix Nadar del 1957). Comporrà altri libri sulle città: Rome (1958), Moscow (1961), Tokyo (1964). Tra il 1955 e il 1965 fotografa la moda per Vogue, creando immagini di rara ironia. In questi anni si avvicina al cinema con una serie di pellicole diverse per stili e temi. Negli anni Ottanta torna alla fotografia e pubblica tra l’altro William Klein(1983), Close Up (1989), In and Out of Fashion (1994), New York, 1954-1955(1995), Parigi + Klein (2002), Contacts (2008), Paintings (2012) e Brooklyn + Klein (2014). Nel 1999 realizza il film Le Messie. Tra i tanti riconoscimenti, riceve il premio Hasselblad, il Guggenheim, oltre al grado di Commandeur ofArts and Letters, alla Royal Photographic Society Millenium Medal e alla Medaglia d’oro di Parigi. Nel 2005 il Centre Pompidou gli dedica una grande retrospettiva.
A cura di: Alessandra Mauro
Date: 17 giugno –11 settembre 2016
Sede: Palazzo della Ragione Fotografia Milano, Piazza Mercanti, 1
Una mostra Comune di Milano – Cultura Palazzo della Ragione – Civita – Contrasto – GAmm Giunti Patrocinio Consolato Generale degli Stati Uniti a Milano Catalogo Contrasto – GAmm Giunti
Orari: martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 20.30 mentre giovedì e sabato 9.30 – 22.30 Biglietti: intero € 12,00 comprensivo di audioguida, ridotto € 10,00 per gruppi di almeno 15 persone, maggiori di 65 anni, minori dai 6 ai 26 anni, disabili, soci Touring Club con tessera, aderenti a “Lunedì Musei” etc.

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